Si è conclusa ieri la sesta puntata della fiction sul processo agli anarchici arrestati a Lecce nel maggio scorso.
Come prima cosa il Presidente ha deciso di interdire l’accesso al tribunale, per la durata dell’intero processo, a cinque persone che la volta precedente avevano salutato i compagni con un saluto connotato politicamente (il pugno chiuso) e avevano indossato delle magliette che, in fila , componevano la scritta liberi tutti e no cpt.
Nella prima parte dell’udienza la Corte ha acquisito le prove di entrambe le parti inscrivendoci anche, ma solo come testimonianze di fatti storici, quindi prescindendo dai contenuti specifici, le ordinanze di custodia cautelare emesse da altre Procure contro anarchici nello stesso maggio 2005. Inoltre è stata acquisita come prova valevole allo stesso modo della precedente, la sentenza contro don Cesare Lodeserto emessa dal tribunale leccese nell’estate 2005.
Nella seconda parte dell’udienza il pubblico ha potuto godere dell’esilarante spettacolo offerto dal duetto composto dal capo della digos e dal pm che gli porgeva tendenziose domandine. Quest’ultimo, accanitamente intenzionato a dimostrare la pericolosità sociale dei soggetti accusati spingeva nevroticamente il testimone a dichiarare ciò che non poteva né sapeva lasciandogli fare la magra figura dello studente impreparato.
Dal canto suo, il capo della digos ha voluto darci una spiegazione di cosa sia l’Anarchia, di come , grazie alla teorizzazione del concetto di gruppo di affinità, si sia passati da un individualismo sostanzialmente innocuo (rappresentato dalla Federazione Anarchica Italiana) ad una pericolosa accezione insurrezionalista, di cui gli imputati sono propugnatori.
A prova di ciò è stata denunciata la presenza nelle case dei suddetti imputati di numerosi libri di Alfredo Bonanno (un filosofo, secondo il testimone, plurilaureato anche in filosofia !).
Peccato che il digos non abbia saputo dire se i ventiquattro libri in questione fossero differenti opuscoli dello stesso autore oppure ventiquattro copie identiche dello stesso opuscolo. Particolari irrilevanti, evidentemente.
Come da copione, l’accusa ha sfoderato l’illustre precedente del processo Marini asserendo che quel processo portò allo smascheramento di una temibile associazione sovversiva. Qualche ragguaglio è venuto dal pubblico e dagli avvocati della difesa in tale proposito.
Il capo digos, sempre più comicamente incalzato dal pm, ha voluto spiegare il carattere eversivo della rivista Peggio, individuando in questa pubblicazione un organo di propaganda e incitamento all’eversione tramite, anche, una rubrica composta da articoli di cronaca tratti dalla stampa locale intitolata sassate.
L’interrogatorio dell’arguto testimone dovrebbe continuare durante la prossima udienza , completandosi con il contro-interrogatorio della difesa.
Intanto la corte ha deliberato la scarcerazione di Annalisa, determinata da sopraggiunti motivi esterni alla natura del processo.
Ricordiamo che Annalisa era da poco tornata agli arresti in seguito alla sentenza della Cassazione che aveva accolto il ricorso del pm contro il riesame che in agosto le concesse la libertà vigilata.
I compagni in carcere, con tutta probabilità torneranno presto agli istituti di provenienza (Salvatore a Sulmona e Saverio a Voghera) per tornare a Lecce il 16 giugno, per la successiva udienza.