Anarchistes Anarchistes
  - (1996) Procès Marini
  - (1996) Quatre de Cordoba
  - (2001) Quatre de Luras
  - (2003) Opération "Black-Out"
  - (2003) Quatre de Valence
  - (2003) Six de Barcelone
  - (2004 - 2005) Opération Cervantes
  - (2004) Enquête sur les COR
  - (2004) Quatre de Aachen
  - (2005) Opération "Nottetempo"
  - (2005) Opération Fraria
  - (2006) Emeutes Forum Social Européen d’Athènes
  - (2006) Operation "Comitato Liberazione Sardegna"
  - (2006) Opération du 9 Février
  - (2006) Opération du Quatre Mai
  - Anonima Sarda Anarchici Insurrezionalista
  - Autres
  - Azione Rivoluzionaria Anticapitalista
  - Brigadas de la Cólera
  - Brigata 20 luglio
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  - Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini (occasionalmente spettacolare)
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  - Individus
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  - May 19 Communist Organization
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  - Nuclei di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria
  - Nuclei Proletari per il Comunismo
  - Nucleo Proletario Rivoluzionario
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  - Parti-Front Populaire de Libération de la Turquie/Avant-garde Révolutionnaire du Peuple (THKP-C/HDÖ)
  - Proletari Armati per il Comunismo
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Environnementalistes Environnementalistes
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  - Sommet européen de Thessalonique (Juin 2003)

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Sabotages & Actions Sabotages & Actions
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THEMES ABORDES :

Communist / NIPR
-Italie - Action à l’explosif ontre le siège de la Commission d’étude et de surveillance des normes anti-grèves
-Rivendicata la bomba di piazza del Popolo (La Repubblica)


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Communiqué de l’action contre l’Institut d’Affaire Internationale (10 avril 2001) - En Italien

NUCLEO di INIZIATIVA PROLETARIA RIVOLUZIONARIA

Il giorno 10 aprile 2001 il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria ha colpito la sede delI’Istituto Affari Internazionali e del Consiglio per le Relazioni Italia Stati Uniti, organismi che orientano le posizioni della borghesia imperialista e l’iniziativa degli equilibri politici di governo del nostro paese su un indirizzo euro-atlantico a riguardo dei nodi della crisi del capitale e del dominio della catena imperialista sul proletariato metropolitano e sui popoli. Tanto l’Istituto Affari Internazionali che il Consiglio per le Relazioni Italia Stati Uniti sviluppano a diversi, livelli e in diversa forma una partecipazione nella costruzione delle decisioni politiche, pur non avendo una funzione istituzionale nell’esercizio del potere politico

cioè nelle posizioni e iniziative dello Stato italiano nelle politiche dell’imperialismo né nella concertazione degli Stati della catena imperialista.

Del Consiglio per le relazioni Italia Stati Uniti fanno parte esponenti dell’aristocrazia finanziaria (***)

L’ Istituto Affari Internazionali è invece un organismo formato da "tecnici", ben allineati nella tutela degli interessi della borghesia imperialista, e che in gran parte hanno ricoperto e ricoprono in prima persona ruoli politici e istituzionali in qualità di ministri. sottosegretari, figure della diplomazia... mentre

i suoi interlocutori e finanziatori sono il Ministero degli Esteri, della Difesa, la Presidenza del Consiglio, l’Esecutivo in generale, la Nato, la Confindustria, l’industria militare, le forze armate...

La sua costante collaborazione con la Confindustria, il trasversalismo politico che lo caratterizza, dal centro-sinistra al centrodestra, ben testimoniano gli interessi della borghesia imperialista a far attivare lo Stato a vantaggio dei propri interessi comuni, anche come condizione per acquisire posizioni competitive, come pure l’asservimento di entrambi gli schieramenti politici a questi interessi e su questi piani.

Se l’ambito nel quale si collocano entrambi gli organismi è quello euro-atlantico, la progettualità politica che

costruiscono è quella tesa ad affermare gli interessi della frazione dominante della borghesia imperialista nazionale legata al capitale finanziario Usa e delle principali economie europee (anche l’Istituto

Affari Internazionali ha tra i contribuenti alla propria fondazione degli interessi statunitensi. ad esempio quelli della Fondazione Ford).

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I principali nodi politici di intervento tanto dello Istituto Affari Internazionali, che del Consiglio per le relazioni Italia Stati Uni ti sono quelli oggetto della progettualità della borghesia imperialista in questa fase : come favorire l’internazionalizzazione del capitale ; come approfondire l’integrazione europea e superare le "rigidità" con la ormai nota declinazione dei dogmi della liberalizzazione e della privatizzazione ; l’allargamento dell’Ue all’Est (e a sud, l’integrazione economica del Mediterraneo) e come depredarlo di ogni sua risorsa ; i consueti obiettivi di estensione del mercato capitalistico e di istituzione delle corrispondenti forme di democrazia borghese, storica garanzia politica del profitto e del dominio della borghesia imperialista ; il rafforzamento della Nato e del suo pilastro europeo ; la realizzazione dello scudo antimissile, con cui forzare gli equilibri internazionali a al contempo l’opportunità che costituisce come parte del riarmo per la ripresa dell’economia e gli avanzamenti tecnologici ; etc.

Se entrambi gli organismi rappresentano il medesimo complesso di interessi e orientamenti economico-politici, il fatto che siano attivi nelle definizioni politiche dominanti pur non essendo organi istituzionali, è indice del complessificarsi delle necessità a cui devono corrispondere le politiche imperialiste e rimarca la dialettica che, a questo livello di socializzazione delle forze produttive, si istituisce tra l’organo statuale in cui la classe dominante organizza la sua dittatura di classe e i vari strumenti di cui la borghesia imperialista si serve per esercitare il proprio dominio nella società, per costruire e far operare la propria soggettività politica.

Per queste ragioni, in quanto l’Istituto Affari Internazionali e il Consiglio per le relazioni Italia Stati Uniti sono promotori delle politiche imperialiste, l’attacco realizzato con l’iniziativa del Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria è un passaggio di ricostruzione di una posizione di autonomia del proletariato dalle politiche rappresentative degli interessi della borghesia imperialista che lo Stato italiano mette in atto ; passaggio rispondente ai propri interessi politici di classe alla distruzione della dittatura della borghesia, alla liberazione dallo sfruttamento imposto dai rapporti sociali capitalistici, al superamento della società divisa in classi, con il quale il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria avvia il proprio contributo al rilancio dell’iniziativa combattente antimperialista.

Con questo attacco il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria prende posizione rispetto all’obiettivo strategico della costruzione del Fronte Combattente Antimperialista tra forze rivoluzionarie dell’area europeo-mediterranea- mediorientale, per attaccare le politiche centrali dell’imperialismo e destabilizzarlo, in funzione dell’interesse comune del proletariato metropolitano e dei popoli dominati della area allo sviluppo dei processi rivoluzionari e di liberazione.

L’attualità dell’opzione rivoluzionaria e del suo contenuto internazionalista e antimperialista, non è il frutto di un’arbitraria volontà politica, ma poggia sul riprodursi, storicamente determinato, delle contraddizioni che caratterizzano

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il modo di produzione capitalistico e il dominio della borghesia imperialista, e che ne implicano il ruolo transitorio nella storia dell’umanità.

Ciò non significa che la sua fine sia un evento predestinato, ma che il suo superamento è una necessità storica determinata dalla contraddizione tra sviluppo sociale delle forze produttive e carattere privato dell’accumulazione. attuabile solo con lo sviluppo da parte del proletariato di un processo di trasformazione rivoluzionaria che è teso a realizzare come sua prima tappa la conquista del potere politico mediante la distruzione dello Stato borghese. instaurando la dittatura del proletariato organizzato come classe dominante, che istituisce la propri età sociale dei mezzi di produzione e di sussistenza e che ha il fine di superare la società divisa in classi e costruire la società comunista.

Che il modo di produzione capitalistico a partire dalla formazione dei monopoli e dal definirsi del suo stadio monopolistico sia strutturalmente in crisi, cioè non sia in grado dì valorizzare il capitale nella misura storicamente necessaria a dare avanzamento al livello sociale raggiunto dalle forze produttive, se non a seguito di profonde distruzioni di capitali e forze produttive stesse operabili solo attraverso guerre, è stato dimostrato non solo da un secolo di approfondimento dello sfruttamento. dai due conflitti mondiali che ne hanno caratterizzato il sorgere. e dai processi rivoluzionari e di liberazione che lo hanno combattuto. ma anche da quello che è avvenuto negli ultimi dieci anni. Nel capitalismo giunto al suo stadio imperialistico è la dialettica tra crisi e tendenza alla guerra ad imprimere movimento al processo di produzione capitalistica, uno stadio caratterizzato come già analizzava Lenin nel 1916, dall’approfondimento dei processi di concentrazione e centralizzazione capitalistica ; dalla fusione tra capitale industriale e bancario nel capitale finanziario, dal rilievo assunto dall’esportazione di capitali. dalla costituzione di associazioni internazionali tra i monopoli finanziari, e dalla compiuta spartizione del mondo in sfere di influenza tra le potenze imperialiste.

Nessuna di queste condizioni è oggi superata. anzi sono tutte approfondite. Una novità storica è stata costituita dai processi rivoluzionari che hanno caratterizzato il Novecento e che "sono stati all’origine della emancipazione di una parte dell’umanità dallo sfruttamento capitalistico e del formarsi di un ambito politico separato dall’imperialismo e contrapposto ad esso, e rispetto al quale gli e siti politici e militari della seconda guerra mondiale hanno dato avvio a un equilibrio internazionale di tipo bipolare in relazione al quale le trasformazioni del capitale monopolistico hanno determinato la dominanza della contraddizione est-ovest negli equilibri e nei conflitti internazionali, quale terreno di realizzazione della tendenza alla guerra.

Dalla seconda guerra mondiale in poi ciò che si è andata strutturando è un’unica catena imperialista integrata con relazioni gerarchiche tra Stati imperialisti, condizione storicamente approfondita dall’ulteriore sviluppo dei processi di internazionalizzazione del capitale caratterizzato dalla dimensione multinazionale e multiproduttiva, che hanno prodotto livelli superiori di integrazione e inter dipendenza tra le economie. La catena imperialista per avviare una fase economica di rilancio della produzione deve operare un processo di distruzione di forze

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produttive, di ridefinizione della divisione internazionale del lavoro e dei mercati e quindi di espansione economica, che può determinarsi solo rispetto alla sfera di influenza contrapposta con la quale -storicamente si è definito un rapporto di complementarità economica. L’ambito che storicamente si è determinato come

complementare per il livello di sviluppo in esso prodottosi. tale per cui la distruzione e la ridefinizione della divisione internazionale del lavoro e dei mercati che ne deriva consentirebbe un rilancio adeguato della prod uzione e dell’accumulazione e una rimodellazione complessiva del rapporto con i paesi dipendenti. è l’ambito dei paesi dell’ex-campo socialista. Di questo processo di distruzione-ridefinizione-espansione, con il quale si realizza la tendenza alla guerra. sono concretizzazione le guerre che l’imperialismo

ha scatenato nell’ultimo decennio. che non sono state però sufficientemente distruttive di forze produttive da avviare una fase di espansione generalizzata. possibile solo con un conflitto di estese proporzioni.

La disgregazione del Patto di Varsavia e della. stessa Unione Sovietica, e l’integrazione del campo dell’est nell’economia capitalistica attraverso i processi di penetrazione sviluppati negli anni ’90. nonostante l’imponenza delle trasformazioni che si sono determinate, non hanno né spostato la contraddizione dominante negli equilibri internazionali, né tantomeno hanno cambiato i caratteri di fondo

dell’imperialismo, né la dialettica che gli imprime movimento. né hanno "abolito" le classi e la lotta di classe, come fossero un’invenzione di un’ideologia comunista : un’abolizione che evidentemente e purtroppo nemmeno uno Stato proletari o può decretare. A fronte dei processi di restaurazione capitalistica la crisi dell’imperialismo manifesta tutto il suo livello di approfondimento. E questo tanto nell’incapacità di determinare uno sviluppo in paesi di recente integrazione nel mercato capitalistico che porti alla formazione di borghesie nazionali sufficienti a fare del proprio legame con la borghesia imperialista un’assicurazione della sua egemoni a politica e della propria stabilità. quanto nelle molteplici forzature che la classe dominante ha operato nei rapporti con il proletariato metropolitano per mutarne complessivamente le condizioni di sfruttamento, forzature con le quali ha prodotto situazioni di impoverimento generalizzato delle condizioni di vita proletarie, parzialmente occultate, in Occidente, dalla caduta relativa dei prezzi di beni di prima necessità. corrispettiva non tanto al taglio di costi dovuto all’incremento di produttività realizzatosi in questi anni con l’aumento dello sfruttamento. quanto al deterioramento della qualità della produzio ne industriale di questi beni. situazione per cui sembra essere maggiore la capacità di acquisto dei salari, in realtà ciò che accade è che quote di salario sono state spostate verso merci di settori di produzione che hanno un maggior peso sul mercato e sul piano politico (vedi l’automobilistico o l’assicurativo a fronte della produzione alimentare ...).

La catena imperialista a egemonia statunitense non solo manifesta la debolezza strategica del capitalismo e della borghesia imperialista nei confronti

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dell’integrazione dell’ex-campo socialista, ma anche verso le aree di storica influenza. Sul finire degli anni ’80, la dinamica di crisi-tendenza alla guerra era giunta a un punto terminale, espresso dalla corsa al riarmo imposta dalla politica reaganiana che per i paesi socialisti si è tradotta nell’esplosione delle contraddizioni interne legate alla strategia della competizione pacifica a causa del costo economico soci ale costituito dal riarmo, mentre per gli Usa e per l’imperialismo dell’Occidente in generale sì è tradotto in salto tecnologico e possibilità di penetrazione ed espansione del proprio dominio a Est. La insufficiente distruzione del surplus di capitali, dovuta alla risoluzione non-guerreggiata del confronto con l’Est. è ciò che ha approfondito le condizioni della crisi di sovrapproduzione del capitale, tanto che negli ultimi dieci anni l’unico tasso di crescita apprezzabile nella catena imperialista è stato quello statunitense. che oggi si è sgonfiato come le quotazioni borsistiche.

La modificazione degli equilibri internazionali prodottasi a cavallo degli anni ’80-’90 e sancita con la guerra all ’ Iraq. ha accentuato la lotta per lo sfruttamento dei nuovi mercati ma a differenza della fase’ post seconda guerra mondiale, questo non ha prodotto una condizione di espansione della produzione capitalistica, ma di spoliazione e impoverimento di questi paesi. In questo contesto storico l’imperialismo è spinto alla proiezione aggressiva nel sostenere la penetrazione capitalistica’ verso Est, attraverso "allargamenti" e integrazioni (nella Nato, nell’Ue...) oppure destabilizzazioni e occupazioni militari che gli Stati della catena operano sia in forma unitaria rispetto agli interessi che li accomunano sia competitivamente in funzione della strutturale concorrenza intermonopolistica.

Nello stesso tempo la condizione di crisi di sovrapproduzione di capitale è fattore di polarizzazione delle contraddizioni che tende a indebolire l’egemonia politica dell’imperialismo e la stabilità della gerarchia della catena, rispetto a cui la catena stessa è spinta a dare risoluzioni sul piano militare come testimoniano l’esaurimento dei tentativi clintoniani di normalizzazione del conflitto arabo-sionista seguiti alla guerra contro l’Iraq. le difficoltà a preservare l’isolamento politico dell’Iraq senza interventi militari. l’occupazione dei Balcani e la perdurante opera di destabilizzazione di quell’area attraverso le forzature sulla Macedonia e sugli assetti politici interni alla Serbia, e l’accentuazione delle tensioni con la Russia.

Gli eventi politici e militari che hanno scandito gli ultimi 10 anni. le politiche guerrafondaie e le guerre che hanno caratterizzato questo periodo. sono proprio il modo attuale di realizzarsi della tendenza alla guerra. nascente dalle contraddizioni strutturali dell’imperialismo e operante nelle attuali condizioni

storico-politiche. e lo sono per i soggetti e le strutture che assumono l’iniziati va bellica. per le direttrici strategiche. per gli scopi, per il modo in cui vengono condotte e gestite politicamente.

Non sono. quindi. un processo incidentale ed episodico in un quadro in cui la ’"Globalizzazione" avrebbe superato i conflitti internazionali tra Stati e alleanze di Stati, per costituire un ambito in cui le direttrici fondamentali sono l’approfondimento del rapporto di dominio con il sud del mondo e l’approfondimento

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dello sfruttamento generalizzato, come sostenuto dagli "oppositori del neo-liberismo", come se il neoliberismo fosse separabile dall’imperialismo e dai caratteri che ha assunto, e fosse sostituibile con un capitalismo persuaso dalle buone ragioni popolari ad attuare una politica economica di maggiore equità nella distribuzione della ricchezza. Una teoria a cui forse può far riferimento il signor Wojtila. ma solo nei suoi viaggi nei paesi dipendenti della catena imperialista. Né costituiscono un terreno su cui maturerebbero tendenze allo scontro politico militare tra entità economico politiche che altrettanto presuntamente sarebbero costituite da differenti catene imperialiste ognuna con una propria base continentale (Usa-Europa-Giappone), come sostenuto dai teorizzatori della tendenza allo sbocco bellico tra poli imperialisti.

Le politiche perseguite dalla catena imperialista in questa fase internazionale sono realizzate a partire dalle condizioni determinate dal processo di coesione europea e dal rapporto euro-atlantico istituzionalizzato nell’Alleanza Atlantica e nella Nato. La progettualità e le linee con cui la borghesia imperialista ha risposto alla sua crisi preservando il proprio dominio e con cui ha sviluppato le proprie dinamiche interne. hanno fatto avanzare il processo di coesione europea che non costituisce affatto uno sviluppo politico progressivo. di natura "democratica", una sede del l’integrazione dei popoli , o la sanzione della pace in Europa. o minimalisticamente un vincolo per le tendenze egemoniche della Germania. La costruzione della coesione politica europea è una linea con cui la frazione dominante della borghesia imperialista ha risposto a due piani di problemi quello dell’adeguamento alle superiori dimensioni del capitale e della concorrenza creando un ambito economico-politico favorevole alla concentrazione monopolistica e alla attuazione di politiche concertate tra gli Stati dell’Europa occidentale ; e quello dell’assunzione di un impegno superiore sul piano politico-militare per sostenere la proiezione offensiva degli interessi comuni della catena imperialista e in questo quadro di quelli competitivi di ogni Stato. Un elemento anche questo che dimostra la natura strutturale delle spinte belliciste dell’imperialismo, dal momento che la fine della "guerra fredda" con una potenza che da equivalente ha subito un profondo processo di indebolimento politico e militare, anziché ridimensionare l’onere militare, essendosi determinato uno squilibrio favorevole all’Occidente imperialista, lo ha incrementato, fino ai nuovi progetti di scudo antimissilistico che forzano gli accordi ABM del 1972.

La Comunità Europea fin dalla sua origine si è caratterizzata per i suoi criteri e contenuti antiproletari, una natura che si è espressa palesemente nel suo avanzamento nel Trattato di Maastricht e con l’adozione dell’Euro e dei corrispettivi Patti di stabilità. Al contempo le funzioni controrivoluzionarie sono state il punto di origine della collaborazione intra-europea nel campo della "sicurezza interna" che costituisce il terzo pilastro della coesione europea.’ L’attivazione politico-militare degli Stati europeo-occidenta li in funzione di proiezione esterna costituisce invece il secondo pilastro della costruzione degli

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organismi comuni europei, processo che non è nato come opzione antitetica ai rapporti atlantici, ma è stato favorito dagli stessi Stati Uniti.

In sintesi il processo di coesione economico-politico-militare europea non è che un rafforzamento del dominio sul continente europeo della frazione dominante de Ila borghesia imperialista che ha interessi euro-atlantici, e contribuisce a integrare maggiormente la catena imperialista.

La Conferenza di Nizza del dicembre 2000 ha dimostrato come lo sviluppo della coesione politica europea non proceda secondo tappe scandite da momenti di decisione politica che creano quelle istituzioni sopranazionali di cui teoricamente la borghesia imperialista necessiterebbe, che fanno progredire quindi verso la creazione di uno "Stato europeo" o comunque di un potere politico sovraordinato allo Stato. come se gli Stati e i poteri statuali avessero finito di essere la risultante di processi di scontro complessivi solo nel- vincere i quali si può formare o riprodurre un potere che ha caratteri di sovranità.

Ha dimostrato anzi come queste concezioni non trovino riscontro nei processi rea li. il che non impedisce che vengano propagandate dagli Esecutivi’ europei al fin e di costruire un consenso intorno a un progetto che dimostra tutto il suo ruolo antiproletario e controrivoluzionario. richiamando demagogicamente a una presunta superiorità della civiltà e democrazia europea. a una presunta autonomia e potenziale contrapposizione agli Usa. che dovrebbe compensare. su un piano cultura le. settori di piccola borghesia dei prezzi materiali che devono anch’essi pagare, come ha già sperimentato il proletariato negli ultimi 20 anni. per entrare ne ]la "casa comune europea".

Al vertice di Nizza dello scorso dicembre mentre da un lato dietro la cosiddetta "Carta dei diritti" si è celata l’impossibilità dei 15 di pervenire ad accordi politici sostanziali. questa stessa è stata il cuore di questo piano demagogico di far ritenere che l’Ue stia assumendo i contorni di una nuova entità politica complessiva entro cui ogni cittadino europeo può riconoscersi come appartenente, quando invece la "Carta" stessa. al di là del valore giuridico che potrà assume re un giorno o della definizione più approfondita dei rapporti tra istituzioni statali e comunitarie, è ben lontana dall’avere la valenza delle Costituzioni sta tali. per il semplice fatto che le manca lo Stato come ambito materiale di carattere complessivo in cui avere questa valenza. Tale piano demagogico non va considerato però puramente spettacolare e retorico, ma più concretamente come l’attribuzione a questa carta. della funzione di avviare procedure e prassi. con cui costruire una rete di rapporti costituita da componenti, istanze e forze sociali. intorno alle istituzioni e alle politiche comunitarie. Tali procedure e prassi. a partire dal fatto che la carta riconosce determinate istanze e diritti, istituiscono la possibilità per chiunque ne sia portatore e soggetto di rivendicazione di ricorrere alle istituzioni comunitarie inducendo. con questo "diritto", a riconoscerle come proprio interlocutore o addirittura solo come proprio avversario. a riconoscere loro il titolo ad assumere delle decisioni a riguardo. legittimandole nel loro ruolo che è quello di condurre politiche concertate funzionali agli interessi della borghesia imperialista. rafforzando così l’azione dei singoli Stati. Una manovra molto sofisticata. che fa i conti con la necessità di costruire un qualsiasi genere di consenso. anche che non sia di merito.

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alle politiche della borghesia imperialista, in quanto queste corrispondono esclusivamente agli interessi generali del capitale monopolistico e in particolare a quelli della sua componente dominante, che sono isolati rispetto alle molteplici istanze espresse nella società e apertamente contrapposti ad interessi di altre classi e componenti sociali tanto che le politiche concertate europee che li esprimono colpiscono direttamente ampie maggioranze sociali, riflettendosi in misure ’e modi differenziati a seconda delle posizioni e condizioni di classe, e proseguiranno a farlo. Per questo occorrono e sono plausibili strumenti di legittimazione democratica" dell’azione politica della Ue, come ripetutamente hanno affermato tutti gli Esecutivi europei promuovendo la "carta dei diritti", che bilancino e compensino i rischi di isolamento e avversione generalizzata che queste condizioni strutturali producono contro la borghesia imperialista.

L’avanzamento della coesione politica europea ha dimostrato di prodursi concreta mente con l’adozione di politiche che rispondono ai comuni interessi della frazione dominante della borghesia Imperialista e che per farlo, costruiscono anche g il strumenti istituzionali della loro realizzabilità.

Tali linee oggi sono identificabili a) nelle politiche concertate a livello europeo per l’approfondimento dell’ integrazione economica. delle posizioni competitive dei monopoli a base europea e per il governo delle contraddizioni derivanti da una condizione strutturale di sviluppo ineguale e di concorrenza (condizione questa che può mettere in crisi l’integrazione e la coesione raggiunta). b) le politiche di espropriazione, annessione e rimodellazione economica e politico-istituzionale dei paesi dell’Europa centro e sudorientale, nonché di ...realizzazione di un ambiente favorevole al depredamento del Mediterraneo e in generale dell’area Mediorientale fino all ’Asia centrale, politiche caratterizzate da un marcato contenuto antiproletario e controrivoluzionario e la cui realizzazione, per il ruolo centrale dell’area europeo-mediterraneo-medi orientale negli equilibri internazionali. contribuirebbe a rafforzare le posizioni complessive della catena imperialista e quindi la sua proiezione offensiva. c) le politiche di estensione e approfondimento dell’azione repressiva comune che fanno avanzare la coesione intorno allo scopo di garantire l’ambiente economico integrato adeguato al capitale monopolistico e ai suoi profitti, e gli strumenti per governare i conflitti che il capitale stesso genera nell’ambito europeo con il coinvolgimento e la verifica in essa dei paesi candidati all’integrazione immediata o futura nell’Ue. Una condizione quest’ultima che si affianca all’integrazione di ques ti paesi nella Nato. d) le politiche rivolte a costruire una forza armata intere europea nonché integrata nel quadro Nato. e quelle tese a sostenere l’avviato processo di riarmo tanto nella sua funzione di riadeguamento delle dotazioni militari, che di volano economico e terreno di avanzamento delle posizioni competitive nel campo dell’alta tecnologia. per rafforzare la catena imperialista. proprio attraverso l’assunzione di un maggior ruolo da parte dei paesi europei.

La realizzazione di un processo di riarmo e la definizione di nuove strutture Militari a livello europeo costituendo condizioni materiali della tendenza

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dell’imperialismo a risolvere sul piano bellico la sua crisi, incidono nell’estendere ed approfondire gli atti e i processi di forzatura degli equilibri internazionali con cui vengono aperti nuovi scenari di guerra. E’ il paese capofila della catena imperialista, gli Usa (spalleggiato dalla Gran Bretagna) che essendo ai vertici dello sviluppo del capitale. ne anticipa la crisi, che attualmente vede l’avviarsi di un ciclo recessivo. assumendo iniziative rivolte a far allineare l’intera catena sulle forzature rappresentative dell’interesse generale della borghesi a imperialista che inevitabilmente riguarda la tenuta del vertice della catena considerati i livelli di integrazione e di interdipendenza delle economie, nonché tali. forzature sono rivolte a spostare la concorrenza tra Stati imperialisti a misurarsi con l’attivizzazione militare piano su cui gli Stati Uniti hanno una posizione di incontrastata supremazia.

Lo scopo di un programma rivoluzionario nei confronti della coesione politica europea e dei vari organismi che la realizzano. non può essere che quello della disarticolazione delle politiche che la fanno avanzare e in particolare ora che queste e gli organismi comunitari costituiscono lo strumento dell’assoggettamento dei popoli dell’Est europeo e del Mediterraneo. e fattore determinante della maturazione delle condizioni di praticabilità di più vasti sbocchi bellici sulla di rettrice est-ovest. Questo è l’unico obiettivo che il proletariato rivoluzionario e le sue avanguardie possono proporsi. fuori da ogni ipotesi di democratizzazione dell’Ue etc. che non è solo illusoria o riformistica, ma proprio priva di fondamento stante la natura delle funzioni e degli strumenti della coesione europeo- occidentale. La coesione politica europea in sintesi. non può diventare. magari lottando per far pesare istanze e contenuti sociali. una base internazionale per la del socialismo o di qualsivoglia trasformazione sociale complessiva, piuttosto lo può essere solo come occasione per costruire una superiore unità nel.proletariato e con i popoli dominati della nostra area attraverso l’offensiva comune al dominio della borghesia imperialista. e perché può essere, sancita come esito delle sconfitte dell’imperialismo. Illusorie sono invece quelle linee che vengono espresse da posizioni presenti ne i movimenti di lotta di liberazione nazionale che ritengono di potersi appoggiare all’Ue in contrapposizione agli Stati Uniti. Le contraddizioni che attraversano tanto gli Stati europei che i rapporti di questi con gli Usa. non hanno affatto natura strategica. e non possono portare a una contrapposizione conflittuale s u questo piano. anzi quello che in particolare negli ultimi anni si sta registrando nel Mediterraneo. in Medioriente e nei Balcani. è un superiore allineamento politico e militare dell’azione degli Stati imperialisti. con la riconferma della dominanza strategica degli Usa. Le diversità di posizioni consentono piuttosto all’imperialismo di articolare su due fronti la sua strategia. con le forzature militari esercitate dall’iniziativa degli Usa e della Gran Bretagna, attraverso cui viene riaffermata anche la loro supremazia. e l’azione degli Stati europei che ricuce relazioni politiche ed economiche. oramai senza nemmeno sottrarsi anche agli impegni militari. Pur esistendo divergenze e anche forti contrapposizioni all’interno della catena. queste però assumono un ruolo secondario

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rispetto ai comuni interessi strategici che la vedono unita a sostegno dei suoi singoli Stati. Infatti neppure le più limitate rivendicazioni di affermazione di identità -nazionale che non si collocano organicamente nelle strategie di dominio dell’imperialismo, hanno trovato una possibilità di appoggiarsi su questa presunta contrapposizione tra Usa e Ue, come dimostrano gli sviluppi successivi al tentativo di Ocalan di appoggiarsi all’Ue per trovare una soluzione politico-diplomatica alla lotta curda che oggi vedono forze israeliane. inglesi e statunitensi appoggiare direttamente l’esercito turco nella repressione del popolo curdo a tutela della complessiva rete di interessi economici che legano in primo luogo Germania e Italia alle sorti della stabilità politica dello Stato turco. Oppure come dimostra l’indirizzo europeo nei confronti di Arafat, sostenuto economicamente e politicamente fintanto che era in grado di garantire i progetti di normalizzazione imperialista nell’area adoperandosi per l’istituzionalizzazione del rapporto tra popolo palestinese e "Israele", quando questi si sono dimostrati insostenibili per il popolo palestinese e si è riacutizzato il conflitto con gli occupanti, le posizioni degli Stati europei si sono allineate come non mai sull’intangibilità della tutela dell’entità sionista.

Le tesi di coloro che hanno affermato che scioltosi il Patto di Varsavia e disgregatasi ’Unione Sovietica, la Nato non avrebbe avuto più senso, e che si sono fondate sulla formalità che la Nato fosse una Alleanza per la difesa degli Stati membri, sono state ampiamente smentite da quanto accaduto da allora, che ha ribadito a pieno la funzione politica e militare offensiva dell’Alleanza imperialista, e si sono rivelate per quello che erano ossia un modo per disarmare il proletariato nella lotta contro il suo proprio nemico.

La fine degli equilibri post-bellici non ha fatto venire meno la funzione della Nato di guerra esterna-guerra interna, ma ha portato alla sua proiezione offensiva, di cui proprio il riadeguamento della strategia e delle forme della sua mobilitazione, sanciti attraverso le guerre che ha condotto in questo decennio, sono l’indiscutibile dimostrazione della sua funzione tesa a integrare maggiormente gli Stati imperialisti intorno agli interessi generali della borghesia imperialista, ad attrezzarli in funzione del rafforzamento del dominio sul proletariato, a prevenire contrastare e annientare i processi rivoluzionari e di liberazione e ad attaccare gli Stati non integrati nella catena imperialista per egemonizzarli.

La crisi del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica ha dato una posizione di vantaggio alla catena imperialista e alla Nato, sulla base della quale questa ha aggredito l’Iraq per sottometterlo e attuare l’insediamento degli Usa e della Nato nell’area, e realizzare la normalizzazione del conflitto arabo-sionista e il rafforzamento di "Israele". Sul teatro balcanico la perdita di peso politico e di influenza negli equilibri internazionali della Russia. ha consentito di sostenere e fomentare le tendenze secessionistiche delle repubbliche jugoslave, e di funzionalizzarle a garantire l’insediamento Nato tanto in Albania, che in Bosnia e poi in Kosovo, fino alla Macedonìa.

Nonostante che la supremazia militare ed economica dell’Occidente e la Nato non abbiano avuto avversari, perché non c’è stata una forza contrapposta al capitalismo

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che lo combattesse come sistema economico-politico, si è reso nuovamente necessario da parte della catena imperialista incrementare la propria supremazia militare ed estendere e approfondire la propria influenza e il proprio controllo, instaurando un rapporto di assoggettamento economico e politico in particolare con l’Est europeo e con l’area mediorientale. Se le politiche sviluppate in questi 10 anni dagli Stati della catena hanno già ben indicato di quale natura saranno gli ulteriori passaggi con cui il proletariato e il movimento rivoluzionario e antimperialista dovranno misurarsi, le prospettive enunciate dalla nuova amministrazione Bush di ripresa del progetto di scudo antimissilistico, e la costruzione della forza di reazione rapida europea, integrata nel quadro Nato, illustrano le risposte che può dare l’imperialismo alla sua crisi, e indicano lo scenario con cui si devono confrontare gli interessi del proletariato metropolitano e dei popoli dei paesi dominati.

La guerra della Nato alla RFJ infatti, non è stata il punto conclusivo della strategia imperialista ma l’avvio di una nuova fase. La nuova dottrina strategica della Nato, nella sua esplicita qualificazione offensiva che peraltro afferma l’uso preventivo del primo colpo nucleare, segnala come la dinamica crisi/tendenza alla guerra spinge l’imperialismo ad una risoluzione sul piano bellico delle contraddizioni polarizzate dalla sua crisi. La politica di allargamento della Nato, a sua volta, estende e proietta verso Est la sua area d’intervento.

Nello stesso tempo su un altro piano, il riarmo come politica economica appare come l’unica capace di rilanciare in termini di sviluppo l’economia capitalistica a livello mondiale con capacità di esercitare funzione di volano, a partire dagli Usa che hanno il massimo livello di concentrazione e centralizzazione in questo settore e in quello ad esso legato dell’alta tecnologia. Sembra quindi riproporsi come unica risposta di fronte alla rinnovata stasi del ciclo economico negli Stati Uniti, a quella perdurante in Giappone ed in minor misura nell’Europa occidentale, in cui sono previsti tassi di crescita del tutto inadeguati a sostenere una staffetta nel ruolo di "locomotiva mondiale" da anni sognato dalla borghesia imperialista in funzione di riequilibrio tra le economie, e utilizzato come argomento propagandistico per far accettare i peggiori sacrifici al proletariato

La guerra alla Jugoslavia mentre ha aperto una nuova fase ha anche dimostrato però i limiti degli Stati imperialisti nella capacità di sostenere il proprio ruolo guerrafondaio, per superare i quali l’imperialismo ha avviato specifiche politiche, alcune delle quali già da tempo :

1) La politica di riadeguamento delle forze della Nato alla nuova dottrina strategica con l’incremento degli aspetti funzionali al sostegno ad una proiezione fuori area (espressa nella stessa nuova dottrina strategica).

2) Il rafforzamento della capacità politica e militare della componente europea della Nato ai fini di poter sostenere una proiezione offensiva su più teatri, che si concretizza come politica di rafforzamento del pilastro europeo della Nato con la realizzazione dell’Identità di difesa europea.

3) La riorganizzazione dell’industria bellica degli Stati europei e l’aumento deIla loro spesa militare per riadeguarne le forze armate, e l’aggregazione dell’industria militare europea ai progetti di quella statunitense ai fini di rafforzare l’integrazione della catena e le ricadute economiche su un piano di sviluppo

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del settore e in generale dell’alta tecnologia.

4) La riforma e riorganizzazione delle forze armate dei vari Stati europei in particolare dell’Italia e della Germania unzionalmente alla costruzione di una loro capacità di proiezione esterna.

5) Il rafforzamento delle capacità di esercitare una funzione di prevenzione del conflitto interno, sia come condizione necessaria di supporto all’azione di proiezione esterna con controllo del territorio e della popolazione, sia come assestamento di condizioni politiche ed istituzionali adeguate a sostenere l’azione dello Stato e degli organismi sovranazionali in cui è inserito.

6) La politica di normalizzazione nel Medioriente per contrastare la vulnerabilità dell’imperialismo nell’area, per estendere e stabilizzare il controllo delle risorse e delle rotte strategiche e in generale per ricondurre gli Stati mediorientali all’allineamento intorno alla catena imperialista, cercando di costruirne l’integrazione nel sistema di sicurezza della Nato per rafforzarne le posizioni nella regione a fini strategici nel quadro più complessivo caratterizzato dalla dominanza della contraddizione est-ovest. Nell’immediato si rapporta con il problema di stabilizzare la situazione interna dei due pilastri dell’imperialismo, lo Stato turco e l’entità sionista, messi in difficoltà da processi rivoluzionari e di liberazione. e di isolare l’Iraq impedendogli di ricostruire un tessuto di relazioni economico-politico-diplomatiche che lo rafforzino.

7) La politica di stabilizzazione del dominio sull’area balcanica in funzione del controllo delle rotte strategiche che la attraversano mediante la prosecuzione del la strumentalizzazione ell’appartenenza etnica e dell’appoggio all’azione di formazioni politico-militari impiegate fino a quando serviranno (non diversamente da quanto è stato fatto con forze del Vietnam del sud, con forze islamiche in Afghanistan, con la contras in Nicaragua ...), per premere e destabilizzare gli assetti locali non corrispondenti ai propri interessi e alla propria strategia e imporre le condizioni politiche e la presenza della Nato, una politica che si è esercitata ultimamente rispetto alla Macedonia.

In questo quadro è necessario menzionare un elemento niente affatto nuovo, specialmente per l’Italia. che è l’uso di atti terroristici per favorire l’azione di irregimentazione interna, o anche causare destabilizzazione o allineamento politico in altri paesi, un fattore anche questo che accomuna oggettivamente proletariato metropolitano e popoli dominati. Sono i mezzi della "guerra sporca" da sempre utilizzati dagli Stati Uniti e dall ’Alleanza Atlantica nel suo complesso. La novità a questo riguardo è che in Italia, fin dalla pubblicizzazione dell’esistenza di "Gladio", vengono rivendicati pubblicamente i progetti delle forze Nato dì mettere in atto operazioni di cosiddetta "guerra psicologica" sia all’interno dei paesi Nato che all’esterno, come ad esempio recitano le direttive Nato sulle operazioni Psyops, ai fini di far passare gli interessi e le scelte della catena. In Italia in specifico la novità è costituita dai tentativi di sperimentare delle forme dì terrorismo "a bassa intensità", che non siano tanto finalizzate a suscitare panico come fu per Piazza Fontana, per Piazza della Loggia e le stragi dei treni e della stazione di Bologna, per spostare la mobilitazione delle masse, alla difesa dello Stato. ma piuttosto il timore, il sospetto e la diffidenza per puntellare l’irregimentazione

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senza rischiare che tali atti vengano precisamente identificati nel la loro matrice statale con il risvolto di svilirne così il ruolo, e forse sperando. abbastanza illusoriamente in un radicamento spontaneo dell’idea che atti terroristici caratterizzati dall’essere attacchi indiscriminati verso la popolazione e azioni combattenti di avanguardie rivoluzionarie siano qualcosa dello stesso genere. Le veline governative ai massmedia non hanno potuto infatti alludere a un’identità di natura tra tali atti e le azioni combattenti per il semplice motivo che avrebbero suscitato la immediata comprensione della strumentalità di questi atti terroristici a delle finalità statali. difatti l’Italia non è la fotoco pia a dimensioni ridotte degli Stati Uniti ma un paese in cui lo scontro di classe ha raggiunto il livello della lotta per il potere, un dato che ha sedimentato una coscienza politica in masse di persone che pur non esprimendo una continuità di finalità. non è cancellabile.

A questa categoria di interventi terroristici si possono ascrivere nell’ultimo periodo, quantomeno, sia quelli che sono stati attribuiti nel nord-est a una figura (denominata unabomber) locale che, purtroppo hanno provocato feriti, che gli incendi negli ospedali anconetani, episodi entrambi senza alcun ipotizzabile movente nemmeno ipoteticamente irrazionale, stante la procedura razionale con cui sono stati attuati, che per la lunga esperienza italiana in merito hanno immediatamente suscitato sconcerto e sospetto generalizzato, reazioni che si suppone siano state registrate dal lo Stato come dati di un monitoraggio per perfezionare l’uso del terrorismo in funzione irregimentante.

Di recente si sono verificati anche episodi di terrorismo in Iraq che hanno aggiunto altre vittime al genocidio perpetrato dai criminali imperialisti nei confronti del popolo irakeno.

Anche questo segnala ancora una volta come il vero problema per l’imperialismo non sono i governi che si contrappongono alla sua egemonia, ma i popoli che hanno osato affermare e sostenere la propria autonomia politica dalla borghesia imperialista. perché è piegando la loro volontà sottoponendoli a ogni genere di privazione e sofferenza che spera di ottenere la garanzia che qualsiasi governo sarà subordinato ai propri voleri. A questo fine hanno mirato sia la distruzione delle infrastrutture e delle strutture produttive, che gli embarghi prolungati, che anche i danni sanitari prodotti dall’impiego dell’uranio, sulle popolazioni civili della Serbia e soprattutto dell’Iraq. Una strategia politico-militare che comunque deve fare i conti con la determinazione alla lotta dei popoli aggrediti.

La fase internazionale dunque è caratterizzata dai processi di rafforzamento della coesione e capacità politico-militare della catena imperialista in funzione di una proiezione offensiva verso Est e l’area mediorientale, a cui è spinta dalla crisi del capitale, mentre nel contempo la stessa crisi viene scaricata sulle spalle del proletariato, cercando di realizzare il governo del conflitto sociale comprimendolo sotto la cappa dell’irregimentazione "democratica", aspetto necessario anche alla sua proiezione esterna.

La politica estera statunitense della nuova amministrazione Bush, non fa che con fermare gli indirizzi politici di fondo dell’Alleanza in un quadro che presenta come elementi di novità la condizione di recessione che attraverserà l’economia

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internazionale e l’incapacità degli Stati Uniti di stabilizzare una egemonia politica nell ’area mediorientale. Nonostante i rapporti di forza prodottisi con la guerra all’Iraq e il prolungamento di embargo e bombardamenti, la resistenza palestinese, libanese e irakena, e l’incapacità della catena di sostenere economicamente e politicamente l’allineamento degli Stati arabi, che pure avevano partecipato alla coalizione multi nazionale che attaccò l’Iraq, hanno rideterminato gli equilibri politici tra imperialismo e interessi antimperialisti e dimostrato che l’imperialismo in questa fase non è in grado di dare risposte di stabilizzazione delle proprie posizioni.

La condizione di recessione che si apre non farà che aumentare i prezzi dell’integrazione nel mercato capitalistico oppure nel sistema di sicurezza della Nato, e l’alternativa per chi non può o non vuole accettare di pagarli. è quella di chiudere "la porta aperta" che gli viene offerta dall’Imperialismo e di trovarsi criminalizzato e accerchiato dalla catena imperialista, per la quale diventerà "Stato fuorilegge".

La stessa condizione di recessione dell’economia internazionale causata dalla crisi della locomotiva statunitense spinge, come ragione economica, a riavviare un processo di riarmo di cui Bush si è fatto promotore e che diventerà terreno di nuovi livelli di integrazione euro-atlantici stante la partecipazione degli Stati europei ai programmi di ricerca e realizzazione ad esempio del nuovo supercaccia Jfs. Si riconferma al pari degli anni ’80, il ruolo esclusivo del riarmo in quanto politica economica che ad un determinato stadio della crisi consente al capitalismo di rilanciare l’economia, ottenendo risultati sul piano dell’innovazione dell’alta tecnologia che a propria volta possono generalizzarsi all’ intero campo della produzione, e realizzando nel complesso superiori livelli di composizione organica del capitale attraverso cui sfruttare maggiormente la forza-lavoro, ma allo stesso tempo riproducendo così ad un livello più approfondito le contraddizioni di fondo che caratterizzano la crisi di sovrapproduzione di capitale. Parallelamente la politica di riarmo ha la prerogativa che se continuasse indefinitamente porterebbe al fallimento finanziario gli Stati che la adottano, essa quindi anche come fenomeno economico necessita che questi "beni" siano usati e conseguano gli obiettivi economici politici e militari per cui sono stati acquisiti.

Da un punto di vista politico-militare il programma di scudo antimissilistico (Nmd) rilanciato dalla presidenza Bush, adduce pretestuosamente l’esistenza di Stati dichiarati fuorilegge dalla legge dell’imperialismo, a motivo della necessità di armare gli Stati Uniti, e i loro alleati, contro possibili lanci missilistici da parte di questi Stati. Se lo squilibrio di forze esistente tra la potenza della Nato e Stati come la Corea del Nord, l’Iraq e l’Iran rende impensabile l’eventualità di un attacco da parte di questi ultimi, l’autonomia politica che manifestano nei confronti della catena imperialista rende plausibile che cerchino di difendersi dagli attacchi degli Stati Uniti e della Nato.

I motivi per cui oggi questi Stati sono considerati pericolosi dall’imperialismo sono risultanti di diverse ragioni storiche. Per la Corea del Nord : dell’impossibilità di essere stretta in una condizione di integrazione subordinata alla Corea del Sud i cui livelli di sviluppo, prodotti dagli ingenti finanziamenti li’

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Rivoltisi, motivati dalla politica controrivoluzionaria perseguita dall’imperialismo nell’area dell’estremo oriente, non sono in grado di sostenerne una integrazione economica. Per l’Iraq : del genocidio perpetratovi che ha scavato un solco tra quel popolo e gli Stati Uniti, e del fallimento degli accordi di Oslo che ha pregiudicato l’obiettivo che l’imperialismo si era posto per la regione di costruire un’area economica integrata intorno al ruolo-perno di "Israele", fallimento che ha rilanciato la costruzione di un tessuto di relazioni economico-politico-diplomatiche tendente a reintegrare l’Iraq in modo organico nelle relazioni regionali e a svilire le potenzialità del ruolo di "Israele". Per l’Iran : dalla rivoluzione contro lo scià, e nell’eventualità che fallissero tutte le pressioni che in particolare ad opera della Germania e dell’Italia vengono operate per pesare nei suoi equilibri politici e favorire l’affermazione della componente riformista e per far avviare quel vasto processo di privatizzazioni e liberalizzazioni che potrebbe offrire uno sbocco di mercato per i capitali europei ma anche statunitensi in affanno e che sconvolgerebbe le strutture economiche e politiche e le connesse garanzie sociali che erano state istituite con la cacciata dello scià e l’espropriazione dei beni nobiliari.

Ma in generale per l’imperialismo è nemico ogni paese che si contrapponga ai suoi tentativi di esercitarvi la sua influenza e il suo controllo, perciò il rilancio del progetto americano di realizzazione di un sistema antimissilistico, che avrà certamente ricadute sul ciclo economico, già inizia ad averne sugli equilibri internazionali creando tensioni con Russia e Cina, mentre la problematicità della risoluzione dei problemi di efficacia dei sistemi d’arma antimissilistici dimostrata dal precedente tentativo reaganiano, apre uno scenario possibile di accelerazione degli sviluppi offensivi, con attacchi anticipati a quei paesi che stessero dotandosi di un sistema missilistico in grado di colpire gli Stati imperialisti. per distruggerne il potenziale altrimenti deterrente per i piani offensivi della Nato.

In questo contesto la valutazione sui cambiamenti negli equilibri internazionali prodotti dalla guerra all’Iraq e dalla prosecuzione dei bombardamenti anglo-americani, quella sugli sviluppi dell’aggressione alla Rfj e quella sul fallimento del "processo di pace di Oslo", non può che riconoscere che la resistenza antimperialista del popolo irakeno e la lotta del popolo palestinese contro l’occupante sionista impediscono oggi agli Stati Uniti e all’Alleanza Atlantica di rafforzarsi strategicamente in Medioriente, mentre viceversa il cambiamento degli equilibri politici in Jugoslavia con l’ascesa di Dijndijc, fantoccio dell’asse tedesco-statunitense. costituisce un oggettivo rafforzamento dell’imperialismo e delle sue tendenze guerrafondaie che ha consolidato l’occupazione militare di parte dello Stato serbo (attualmente guidata da un generale italiano), e ha indebolito l’opposizione dei popoli slavi allo sfruttamento e all’oppressione imperialista. L’azione pubblicamente dichiarata e sostenuta con atti ufficiali a livello di istituzioni europee, di appoggio economico, di intelligence e militare a gruppi politici di quel paese. realizzata dagli Usa e dall’Ue alla fine del ’99, può essere considerata a tutti gli effetti una seconda fase della guerr a che ci istruisce sul ruolo che ha per l’imperialismo il tanto decantato pluralismo che sarebbe garantito dalla democrazia borghese. Il fatto che questo processo

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abbia visto momenti di mobilitazione di massa con assalti ai palazzi del potere. con simboli quali il pugno nel cerchio. non bastano a cancellare l’impronta della mano della Nato e degli Stati imperialisti in questi eventi. che dopo aver aggredito e bombardato un popolo lo vorrebbero anche sottomesso politicamente ed economicamente per propria scelta. E ciò al di là di qualsiasi responsabilità o valutazione sulle posizioni dell’apparato istituzionale e delle forze politiche governative serbe rispetto agli interessi storici del proletariato. in quanto ciò che è certo è che oggi il proletariato serbo dovrà fronteggi are una frazione di borghesia dominante aggregata politicamente all’imperialismo e ai. suoi interessi strategici e quindi da questo sostenuta e appoggiata. L’operazione dell’arresto di Milosevic allo scadere dei tempi imposti dagli Stati Uniti per ottenere il loro aiuto di 200 miliardi di lire, una cifra che certo non può comprare la dignità di un popolo ma solo quella dei servi dell’imperialismo, è stata l’ultima dimostrazione della tracotanza dell’Occidente e dell’allineamento della catena imperialista sulla gestione della sottomissione dei Balcani. Ha però anche indicato, nelle contraddizioni che attraversano l’attuale quadro di potere serbo a fronte delle richieste americane e del tribunale penale internazionale, quanto le politiche di sottomissione e integrazione non abbiano affatto uno sviluppo lineare e pacifico, come pure l’incancellabilità dell’istanza di contrapposizione alle politiche della Nato e della necessità di costruire una prospettiva antimperialista e rivoluzionaria e di attrezzarsi a sostenerla. L’appoggio politico fornito dalla sinistra europea dei "pacifisti con il moschetto" alle opposizioni serbe sostenute, finanziate e organizzate dagli aggressori della Jugoslavia, e ai diktat della Nato con il richiamo demagogico a presunte volontà popolari, non è che una dimostrazione di quali siano gli interessi che vengono riconosciuti come centrali da questa componente, e di quanto questo riconoscimento sia coerente e organico, nella lotta di classe interna come in quella internazionale. Le posizioni scioviniste che hanno caratterizzato il centro-sinistra, con i rallegramenti per il ritorno della Serbia "nella comunità dei paesi civili", e la patetica campagna della stampa che pregustava e preannunciava un arresto di Milosevic con operazione spettacolare di teste di cuoio e riprese di repertorio di manifestazioni anti-Milosevic, sono un riflesso di un’omogeneità dello schieramento istituzionale sugli interessi imperialisti e sulle politiche guerrafondaie e di integrazione. In generale la dipendenza politica che dopo la guerra la catena è riuscita a imporre alla Serbia, dimostra lo svantaggio di una apertura all’imperialismo che la Rfj ha sempre offerto in quanto questa è stata concausa di un processo disgregativo e di guerra che al proletariato slavo non darà certo avanzamenti sociali non fosse altro perché il ruolo nella divisione internazionale del lavoro di tutti i paesi dipendenti è precostituito dalle posizioni di potenza economica degli Stati imperialisti. L’insegnamento che il proletariato europeo può ricavare dagli sviluppi della guerra alla Serbia è sullo svantaggio che deriva dall’assumere una posizione difensiva rispetto alle politiche di guerra dell’imperialismo, perchè ciò gli consente di preservare l’iniziativa e quindi di calibrare e graduare la propria azione limitando con ciò la possibilità di esplosione delle sue enormi contraddizioni interne, potendo far pesare tutta la sua forza militare senza esporre la sua vulnerabilità e fragilità politica.

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L’interesse alla tenuta della resistenza irakena, all’ avanzamento della lotta palestinese contro l’occupazione sionista, alla crescita della mobilitazione delle masse arabe contro l’insediamento imperialista e le politiche della catena nell’area, allo sviluppo della lotta dei popoli slavi contro l’occupazione militare delle forze Nato, l’assoggettamento politico e la spoliazione da parte dell’imperialismo, come pure le lotte di indipendenza che si contrappongono alla borghesia imperialista, alle sue politiche e agli Stati che ne impongono gli interessi, non corrisponde perciò solo a un’istanza solidaristica o umanitaria ma è interesse politico del proletariato metropolitano di ogni paese europeo da perseguire programmaticamente con l’attacco a queste politiche per sconfiggerle. Le ricadute per il proletariato metropolitano della penetrazione e della conquista di nuove aree di influenza per i monopoli capitalistici hanno ampiamente dimostrato l’effetto peggiorativo nelle condizioni materiali e politiche della classe. Lo sfruttamento da parte della borghesia imperialista del proletariato dell’Est europeo, l’estensione dello sfruttamento del proletariato dei paesi del sud del mondo, pesa concretamente come elemento di ricatto della classe operaia dei paesi del centro nell’imporgli superiori livelli di sfruttamento. A ciò si aggiungono le condizioni di illegalità a cui leggi appositamente approvate e procedure amministrative restrittive, hanno ridotto masse di lavoratori immigrati in fuga dalle condizioni di miseria in cui la borghesia imperialista ha ridotto i loro paesi. che accentuano la ricattabilità di questi settori di proletariato e attraverso loro quella della classe in generale. La minaccia dello spostamento d i produzioni all’estero inoltre. non è semplicemente una funzione di un nuovo stadio dell’organizzazione del capitalismo, della "globalizzazione". ma ha a suo fondamento una condizione politica di esercitabilità di un ricatto che fa leva sulla competizione interna al mercato della forza-lavoro allargato dalla dimensione assunta dai monopoli e maggiormente competitivo in una condizione priva di espansione. La borghesia imperialista tanto può esercitare un ricatto in quanto ha conquistato un rapporto di forza generale nei confronti del proletariato metropolitano e dei popoli dominati con i quali approfondisce il divario di sviluppo, mentre a sua volta condizione materiale di questo rapporto di forza generale è l’andamento dei processi rivoluzionari e di liberazione, quanto avanza o arretra il processo di sottrazione del proletariato alla sorte di essere merce, per di più in un mercato strutturalmente saturo. Solo chi reputa il capitalismo non come un modo di produzione storico. transitorio e superato, ma come un rapporto sociale "naturale" può considerare la sua estraneità e indifferenza ai rapporti di forza e politici tra le classi e ai rapporti di dominio internazionali e quindi immaginare l’accettazione e l’adeguamento a queste condizioni determinate e imposte dalla borghesia imperialista come l’unico rapporto possibile con la borghesia stessa e all’interno del proletariato.

Lo Stato italiano, in particolare nell’operato degli ultimi Esecutivi, per partecipare alle strategie della catena imperialista e ai compiti che ne derivano, ha realizzato importanti processi di riforma delle forze armate nella direzione della loro professionalizzazione (il Nuovo Modello di Difesa), e delle forze di

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polizia nella direzione di una loro militarizzazione e della capillarizzazione della loro presenza sul territorio.

Con la riforma delle forze armate. si è operata una delle consuete trasformazioni costituzionali occulte che hanno caratterizzato il ventennio controrivoluzionario scorso. facendo scomparire l’esercito di leva che aderiva alla popolazione e alla funzione di difesa del territorio nazionale, per sostituirlo con forze armate professionali, corrispondendo così alla esigenza di dotarsi di un esercito mobilitabile in funzione offensiva interna ed esterna. in quanto a ferma volontaria e mercenaria. perciò non a rischio di insubordinazione. In questo aspetto risiede il nocciolo della praticabilità della funzione offensiva delle nuove forze armate di cui vengono incrementate anche le capacità di integrazione in forze internazionali. nonché le dotazioni. Un processo che dimostra da un lato come lo Stato non sia in grado di mobilitare volontariamente la popolazione a difesa di sé e delle sue politiche aggressive. ma è necessario che abbia delle forze mercenarie pagate come fossero forze di polizia, perché la sua funzione non è rappresentabile come espressione degli interessi del Paese al di là della retorica ciampiana, dall’altro dimostra la consapevolezza della soggettività politica della borghesia imperialista dell’opposizione del proletariato a farsi strumento volontario di politiche di guerra e di dominio. e dei conseguenti rischi di mobilitazione politica antistatale che ne deriverebbero.

La riforma delle forze di polizia. del ruolo dell ’Arma dei Carabinieri, l’aumento delle spese, delle dotazioni, l’impiego di sofisticate tecnologie, l’aumento dei poteri della polizia giudiziaria. la militarizzazione di altri corpi di protezione civile. la possibilità di usare l’esercito per ragioni di controllo del territorio. sono tutte trasformazioni che servono a prevenire i conflitti e ad approfondire il controllo del territorio e la sua tenuta in ogni condizione emergenziale si determinasse, scaturibile dagli impegni bellici, ma anche della polarizzazione degli interessi nel paese e rispondono alle direttive interne alla progettualità della Nato.

Le politiche di "sicurezza" non sono la risposta data dallo Stato a una condizione di crisi economica in cui una parte della società in condizioni di relativo benessere sente queste minacciate dal presunto assalto dei poveri, degli immigrati .... ma sono il complemento statale alle proprie politiche di cancellazione degli istituti di sicurezza sociale. Ed in questo risiede la loro debolezza politica, in quanto le stesse forze di polizia che vengono esaltate a difesa degli interessi della cittadinanza, dovranno sempre più incrementare la funzione di repressione delle istanze della lotta di classe che saranno acutizzate dalla riduzione della capacità dello Stato di disporre di margini economici di mediazione con interessi diversi da quelli della borghesia imperialista. Solo le condizioni di arretramento del proletariato nello scontro per i propri interessi prodottesi negli ultimi anni hanno consentito l’esaltazione di questo ruolo delle forze di polizia come "difensori indistinti di tutti i cittadini", ma sono le contraddizioni di classe per cui si è resa necessaria per lo Stato questa politica a rivelare quali siano gli interessi di cui realmente sono difensori, e come essi siano gli ennesimi parassiti sulle spalle della classe operaia, dell’unica produttrice della ricchezza sociale su cui si erge tutto l’apparato dello Stato.

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Il 14 maggio del 2000, il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria realizzava la sua prima iniziativa offensiva attaccando la Commissione Antisciopero organo tramite il quale lo Stato ha ridotto a un simulacro di se stesso uno dei principali diritti politici che il proletariato si era conquistato per le sue lotte, e che la borghesia ’ha dovuto riconoscere per evitare che le lotte rivendicative fossero spinte sistematicamente ad assumere un piano di contrapposizione alle istituzioni e allo Stato. Nel 1990 la legge 146 fissava la serie di vincoli all’esercitabilità dello sciopero in quelli che lì venivano definiti come "servizi pubblici essenziali". Questa legge non solo operava attraverso una interpretazione scritta nei suoi primi articoli la ridefinizione dei contenuti di alcuni principi’ presenti nella prima parte della Costituzione. facendone una trasformazione sostanziale, ma il merito dell’interpretazione stessa modificava anche i criteri in base a cui un "diritto .. era stato fino a quel momento definito "diritto costituzionale". Se fino a quel momento lo Stato limitava il diritto di sciopero adducendo principi di tutela dell’integrità fisica. della capacità fisica di movimento e quindi di circolazione di ’ogni persona riconoscendole preesistenti e in funzione di preservare uno stato naturale (che motivavano ad esempio l’obbligo a garantire servizi di pronto soccorso ... ), ora per poter giustificare ideologicamente il divieto di sciopero il proprio attacco politico al proletariato. interviene con la sua forza impositiva a garantire non l’integrità fisica o che nessuno possa essere impedito nella propria libertà di movimento. ma che le persone possano girare in autobus in treno o addirittura in taxi. Affinché la propria giustificazione potesse essere credibile avrebbe dovuto assicurare la gratuità di questi "servizi pubblici essenziali", imporre che tutti utilizzino il taxi quando ne hanno bisogno perché altrimenti evidentemente chi non ha mai usato il taxi in vita sua e mai lo userà per una ragione di soldi. in questa "costituzione" non è rappresentato, anzi ne testimonia il carattere di classe che riconosce diritti politici proporzionali alla capacità economica. Corrispettivamente la privatizzazione e liberalizzazione dei "servizi pubblici essenziali" va in tutt’altra direzione rispetto a quella della garanzia sostanziale di tali diritti, chiudendo il cerchio della dimostrazione del fatto che lo sciopero va vietato perché altrimenti si lede il diritto dei capitali investiti in questi settori a trarre profitto dallo sfruttamento del proletariato. L’istituzione nella nuova legge antisciopero del 2000 di una contrapposizione tra gli interessi dei lavoratori in sciopero e dei "consumatori" ai quali vengono riconosciuti interessi per convogliarne l’ attivazione a sostegno dell’offensiva antiproletaria dello Stato è l’ultimo aspetto di una trasformazione legislativa che ebbe il suo cuore nel ’90, e che ha sancito che le leggi di questo Stato sono diventate armi di "offensiva politica" e che il loro impiego contro il proletariato è legittimo, e non sono più solo istituti a tutela e garanzia della classe dominante. Rispetto a questa novità. le posizioni di carattere difensivo assunte nel movimento di classe si sono dimostrate assolutamente incapaci di incidere sulla vulnerabilità politica di uno Stato che manifestamente nella sue stesse

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leggi esplicita la sua iniziativa antiproletaria spogliandosi così del simulacro di neutralità formale ed esplicitando la sua intima natura di classe. Si sono dimostrare incapaci di frenarne l’offensiva e di rilanciare una posizione politicamente autonoma della classe, né hanno garantito le lotte da un supposto isolamento sociale in cui sarebbero potute cadere a fronte di questo attacco. Queste posizioni difensive rispetto all’attacco allo sciopero, non consentono di sfruttare le debolezze di uno Stato che ha dovuto rinunciare alle sue forme neutrali incorporando la sua disposizione offensiva nei confronti del proletariato e strutturandola, diventando così più rigido, meno flessibile, con una capacità di difesa politica indebolita.

I limiti di un processo di ricostruzione dell’autonomia politica della classe devono fare concretamente i conti con la conquista di una nuova capacità offensiva. Questo processo può ripartire solo con il rilancio della prospettiva rivoluzionaria in quanto proprio lo scontro sul nodo dello sciopero e la trasformazione politica che ha prodotto nel rapporto tra classe e Stato, con la quale lo Stato ha potuto relazionarsi alla classe come generico insieme di individui volta per volta considerati nelle loro istanze momentanee, come lavoratori o come consumatori, sancendone la divisione e la subalternità, rivela come il terreno di scontro sia quello del potere e che il rapporto da rovesciare sia quello politico tra classe e Stato. Senza avanzamenti adeguati sul piano politico complessivo e prospettico l’offensiva del nemico rimarrà incontrastata e in grado di portare ulteriori affondi a una delle poche armi di cui era riconosciuto l’uso alla classe e in genere alle condizioni materiali e politiche del proletariato.

Infatti così come (*) nel marzo del ’99 attraverso l’appello a rinviare gli scioperi previsti nel settore dei trasporti, cercò di istituire per via politica che in tempo di guerra guerreggiata seppure il territorio nazionale ne sia indenne, gli scioperi dovessero essere sospesi, oggi (*) e soci cercano di istituire che quantomeno in alcuni settori infrastrutturali strategici si possa scioperare solo occasionalmente e per specifiche ragioni, e che le ragioni dello sciopero devono essere determinate e limitate a contenuti e passaggi contrattuali. Questa ulteriore offensiva vede come sempre operare come un "concerto" Esecutivo, sindacati confederali e padronato, ed è stata portata nei confini di una vertenza e di un ambito come quello del trasporto ferroviario per ridurne la possibilità di svolgere scioperi nei fine settimana senza garanzia di circolazione di una parte dei treni, ma i suoi presupposti e i suoi effetti sono di carattere generale. Dal punto di vista pratico alla fine, tra legge, autoregolamentazione e trattative si potrà ottenere che lo sciopero se proprio non riesce a diventare virtuale nelle forme di realizzazione perché è difficile da importare nella nostra cultura politica, diventi virtuale quantomeno nella possibilità di essere svolto. Si sta esplicitando infatti che i nuovi termini dell’esercizio dello sciopero sono corrispettivi a una condizione di mobilitazione bellica permanente sebbene non "guerreggiata".

Dal punto di vista politico in questo modo lo sciopero ha completamente finito di essere un diritto politico, in quanto dopo essere diventato sindacabile nella forma da chiunque immagini di essere leso nei suoi interessi, è diventato sindacabile

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anche nei contenuti , e recentemente ci sono state le avvisaglie dì ciò che possono provocare le leggi antisciopero man mano che se ne diffonderà il ricorso da parte dei padroni privati , visto il ricorso fatto dalla Fiat alla magistrat ura contro gli scioperi degli operai degli stabilimenti di Cassino, per ora respinto. ma quanto tempo passerà prima che dai padroni privati venga addotto nei propri ricorsi un principio di parità nella concorrenza rispetto agli oneri che i loro profitti sopportano per gli scioperi ?

Il carattere generale di questo nodo su cui il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria è intervenuto nel maggio del 2000, il posto centrale che occupava in quella congiuntura. il ruolo altamente politico che ha avuto tutto lo scontro per svuotare il diritto di sciopero, sono i motivi principali per cui l’attacco alla Commissione Antisciopero, pur nei limiti del-la capacità offensiva espressa ha avuto una funzione determinante nell’essere terreno di costruzione di autonomia politica e avanzamento per le avanguardie rivoluzionarie che lo hanno realizzato, nel fornire gli elementi impostativi per rapportarsi allo scontro di classe, per contribuire alla ricostruzione di una prospettiva rivoluzionaria e alla costruzione di forze su questo terreno, pur nelle attuali condizioni dei rapporti di forza.

L’offensiva controrivoluzionaria che lo Stato ha lanciato negli anni ’80 contro il movimento di classe e rivoluzionario a partire dall’attacco alle sue avanguardie, ha avuto esiti che hanno mutato complessivamente i rapporti di forza tra le classi. e i limiti delle risposte che sono state date a questo attacco, e al ruolo attivo sul piano controrivoluzionario che hanno assunto le rappresentanze istituzionali della classe, hanno contribuìto ad un mutamento sostanziale dei rappo rti politici assestandoli in un livello di controrivoluzione preventiva più elevato. Questo processo si è svolto in un contesto internazionale di offensiva controrivoluzionaria che lo ha favorito. Oggi, grazie agli esiti di quello scontro. lo Stato è attrezzato politicamente e sostenuto da apparati economico-sociali per impedire, trasformazioni della lotta di classe in scontro rivoluzionario prevenendo la politicizzazione del conflitto e comprimendo la diffusione della lotta sociale, anche con un instradamento attivo delle opzioni di sviluppo del conflitto. che discrimina e seleziona i suoi contenuti e le sue forme, promovendo quelle che possono assorbire le istanze che le contraddizioni di classe generano. indirizzandole verso la subalternità agli interessi della borghesia imperialista e a rafforzare la classe dominante. e isolando e criminalizzando le istanze antagoniste sfruttando le contraddizioni che caratterizzano la posizione non-dominante del proletariato e gli svantaggi poli tici prodottisi nei 20 anni passati. E’ quindi una formula più radicale e sofisticata che presuppone il disarmo degli strumenti di lotta di cui storicamente era attrezzato il proletariato e che in Italia, per i rapporti di forza tra le classi determinati dalla Resistenza avevano anche una forte sanzione di garanzia costituzionale, motivata certo non dalla neutralità dello Stato. ma dalla forza di cui disponeva il proletariato e dal Condizionamento che imponeva ai contenuti della mediazione politica di cui lo Stato

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della prima Repubblica è stato espressione. Questa condizione ha una funzione economico-politica. perché rafforza il potere della classe dominante, attrezzando lo Stato di nuovi strumenti antiproletari e controrivoluzionari e consente più elevati livelli di sfruttamento del proletariato, livelli di sfruttamento che oggi, proprio perché il mutamento dei rapporti politici ha costituito erosione dell’autonomia politica che caratterizzava il proletariato nel nostro paese e del peso sociale che questa aveva, sono definiti comunemente con un’altra terminologia. si chiamano infatti "maggiore flessibilità

La conclusione della legislatura e i passaggi programmatici di riforma e ristrutturazione economico-sociale e istituzionale che l’Esecutivo si proponeva di realizzare prima del passaggio elettorale. hanno prodotto ulteriori trasformazioni negative per il campo proletario pur incontrando resistenze nella classe. Anche grazie alla legge sulla rappresentanza sindacale nel pubblico impiego e a quella antisciopero che hanno rafforzato la posizione dell ’apparato del sindacato confederale. si sono realizzate le forzature nella riforma della contrattazione con la generalizzazione di maggiori quote di contratti a termine in tutti i settori, sono state realizzate diminuizioni salariali per i nuovi assunti e introdotte ovunque forme di flessibilità nell’uso della forza-lavoro. a partire dai settori che rinnovavano contratti che dovevano accompagnare processi di liberalizzazione e/o privatizzazione. Sono state contenute ed erose le resistenze della classe al peggioramento delle proprie condizioni e alla sua frammentazione e grazie alla cooperazione tra Esecutivo, sindacato confederale e Confindustria si è potuto realizzare lo svuotamento del contratto nazionale a favore della frammentazione aziendale e territoriale dei lavoratori, mentre le piattaforme e le intese salariali a fronte dell’erosione causata dall’inflazione hanno sancito una diminuizione relativa dei salari generalizzata : è stata avviata l’istituzione nei contratti integrativi del criterio del rapporto tra andamento salariale e profitto che razionalizza ulteriormente il rapporto tra salario e responsabilizzazione nel proprio sfruttamento, con cui forse sperano di indurre il proletariato non più a prendersela con i padroni per il fatto di essere sfruttati ma ad andare dallo psicanalista, (così c’è anche la ricaduta dei voti degli psicanalisti !) : è stato ridotto il contratto integrativo a strumento per regalare ai padroni condizioni più favorevoli in cambio dell’incremento delle funzioni sindacali burocratiche. vedi l’importanza che ha assunto il capitolo dell’ "informazione", perché essere ipersfruttati ma informati è tutta un’altra cosa ... Tutto ciò non è potuto però accadere nel quadro politico. ideologico e istituzionale del "Patto per il Lavoro", il cui contenuto avrebbe dovuto essere quello dello scambio tra competitività e occupazione. ma è avvenuto in un contesto di difficoltà per le relazioni neocorporative senza che se ne potesse propagandare il loro supposto ruolo positivo e progressivo per i lavoratori. senza poterne fare una ulteriore base di subordinazione del proletariato da tradurre in un’unità tra capitale e lavoro intorno alle istanze della competitività e del profitto, anzi è diventato un luogo comune che la politica dei redditi sia stata uno scambio a perdere per i lavoratori. Proprio questo è il contesto in cui si sono generate delle forzature padronali : alla Zanussi. dove la bocciatura operaia dell’accordo integrativo tra azienda e

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Cisl e Uil ha fatto scattare la rappresaglia padronale della minaccia di chiudere gli stabilimenti che non si fossero allineati ai livelli di produttività necessari a "invogliare" l’azienda a rimanere in Italia, rimarcando ancora una volta il vero significato della cosiddetta, cogestione : e alla Fiat con il ricorso al pretore. contro gli scioperi realizzati a Cassino per la loro interruzione, e in cui sotto la coltre della censura su tutto ciò che riguarda la classe operaia, è aleggiata una richiesta di danni subiti dall’azienda, ovviamente per "mancato profitto" mancando per evidenza il danno ai mezzi di produzione di sua proprietà !

Su un altro piano questo governo ha realizzato in accordo politico con il centro-destra. una legge quadro che riorganizza le funzioni dello stato nel campo dei servizi sociali incentivando il processo di privatizzazione dei servizi storicamente gestiti a livello pubblico. riconoscendo ruolo istituzionale a soggetti privati che vanno dalle fondazioni bancarie alle associazioni di volontariato e operando un decentramento del sistema, ai diversi livelli locali sfondo un principio di sussidiarietà che stabilizza le storiche differenze territoriali stanti i vincoli imposti dai patti di stabilità. La riforma riduce le funzioni pubbliche a un onere assistenziale che copre i tagli alle spese sociali realizzate in questi anni ed è espressione della rifunzionalizzazione della gestione delle risorse fiscali in coerenza con le nuove necessità di sostegno all’accumulazione capitalistica. La funzione politica a cui assolve la riforma è invece quella di garantire un sistema clientelare che lega gli interessi che si sviluppano intorno a queste attività economiche e le dipendenze derivanti dalle necessità sociali (attività gestite con criteri competitivi e che riguardano anche il mercato del lavoro), così che sulla base di questo sistema può essere rilanciata una legittimità delle istituzioni statali e un rinnovamento del ruolo delle forze politiche le quali avendo linee e programmi completamente orientati dagli interessi della borghesia imperialista, ma anche risorse pubbliche da gestire. devono e possono costruire rapporti con soggetti sociali che siano nella condizione materiale di fornire un supporto irregimentatore grazie al sistema clientelare che viene sviluppato. Questa funzione si coniuga poi con una rifunzionalizzazione delle istituzíoni locali e centrali dello Stato e con le sedi della negoziazione neocorporativa, rispondendo alla necessità di compensare i processi di esecutivizzazione dell’azione di governo intorno ai programmi della borghesia imperialista e la connessa crisi di rappresentati vità delle forze politico-istituzionali.

Per anni è stato promosso un progetto di ridefinizione della forma dello Stato spinto anche da movimenti politici sorti sullo storico sviluppo ineguale che caratterizza il nord e il sud del paese e nel corso della realizzazione delle politi che di bilancio degli anni ’90. Questo progetto denominato "riforma federale" o "devoluzione" etc. è stato presentato come una democratizzazione dello Stato che attribuirebbe maggiori poteri ai "cittadini". In realtà il proletariato ne ricaverà e ne ha già ricavato solo svantaggi sociali e politici. L’estensione delle competenze legislative a livello regionale e quella delle competenze amministrative di comuni e province in particolare su materie economico-sociali crea una

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scomposizione della posizione del proletariato nel rapporto di scontro con la borghesia e con lo Stato e un potenziale terreno di ricomposizione subordinata di istanze proletarie su basi non di classe ma localistiche. che sfrutta ogni aspetto di diversità delle condizioni proletarie per farne fattore di divisione e di competizione interna alla classe. Se infatti l’oggetto delle istanze rivendicative avrà una base particolare questo può costituire un elemento oggettivo di ostacolo alla politicizzazione delle lotte e al riconoscimento e all’assunzione del contenuto generale di classe presente nelle contraddizioni sociali e allo sviluppo del contenuto antistatuale delle istanze del proletariato.

La condizione nuova che può essere prodotta dal processo di riforma cosiddetta federale. si coniugherebbe con gli effetti del processo di riforma e ristrutturazione del sistema economico-sociale e con lo sviluppo dei rapporti neocorporativi come hanno dimostrato i contenuti dei tanti patti locali che sono stati realizzati in questi anni.

La riforma "federale" con cui vengono ripartite le funzioni e le competenze tra Stato centrale e enti locali, è quindi il quadro politico-istituzionale che farebbe da cornice a questi cambiamenti economico-politici al fine almeno teoricamente, di rendere il tutto organico e funzionale. un contesto in cui dovrebbero collocarsi a pennello le nuove gabbie salariali e normative che potranno essere sancite per il ruolo puramente formale che ha assunto il contratto nazionale e con lo spostamento a livello territoriale della "svendita" della forza-lavoro.

Il modo in cui è stata realizzata questa riforma. con una sostanziale convergenza tra centro-sinistra e centro-destra ma in un clima di contrapposizione politica, il momento in cui è stata realizzata a ridosso delle elezioni, le iniziative

referendarie delle regioni del Polo e le iniziative politiche dei sindaci e presidenti delle Regioni del centro-sinistra. possono contribuire ad accentuare la polarizzazione politica all’avvio della prossima legislatura, in particolare a fronte delle incognite sulla capacità di governo della maggioranza parlamentare che si affermerà. del mancato rafforzamento istituzionale dei poteri dell’Esecutívo e in relazione al rallentamento economico in atto, e possono rendere incerta la stabilità qualora il centro-destra prevalesse alle elezioni, non essendoci dimostrazioni storiche della sua capacità di governare la crisi e il conflitto (e solo per questo dovrebbe essere ritenuto meno pericoloso... altro che il pericolo delle destre, né della sua capacità di rappresentare le istanze e i progetti della frazione dominante della borghesia imperialista.

Il centro-destra in questa campagna elettorale lavora ad accreditare le sue capacità di governo illustrando posizioni in materia di politica economica che sostengano le promesse di sgravi fiscali e di spesa statale fatte per stringere il consenso di vaste masse elettorali, cercando ragioni che non impensieriscano le autorità monetarie della Bce sulla effettiva tenuta dei patti di stabilità : per quanto riguarda invece l’intervento nelle relazioni neocorporative e forze del Polo si allineano sulle posizioni di (***) non sostenendo niente che non sia già preventivato nelle politiche sindacali, a proposito del legame tra salario e profitti o utili quale che sia il parametro tecnico da impiegare, e sul piano politico ricercano formule di blindatura del vasto arco di forze e interessi che sono stati legati nella Casa delle libertà. Nel quadro dei progetti del centro-sinistra

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che paga il prezzo del carattere antiproletario e guerrafondaio della sua azione di governo, prevalgono invece i preparativi per un ruolo di opposizione in vista di una successiva riaffermazione elettorale, e le spinte voIte a una riconfigurazione della coalizione maggiormente aderente alle nuove con dizioni prodotte dalle riforme realizzate e quelle tese a sviluppare iniziativa politica (verso i vari *** ...) nel quadro prodotto dalla disfunzionalità del sistema elettorale maggioritario nella compattezza degli schieramenti elettorali, i cui termini saranno verificati con i risultati della consultazione. La ripresa di iniziativa della Cgil, scontate le tensioni interne alla classe causate dalle forzature- operate nei contratti, è orientata a riformulare la propria progettualità (un passaggio che si riflette sul complesso del sindacato confederale). in prospettiva del congresso e del cambio della guardia al vertice della segretaria, e lo fa rimettendo al centro i temi della competitività nello sviluppo e nella solidarietà e il valore dell’autonomia e dell’unità sindacale pur in un quadro non rigido né formalizzato, stante la capacità delle usuali forzature operate da Cisl e Uil di tamponare le contraddizioni che nascono nel rapporto con la classe, verificata anche in occasione della definizione della piattaforma del contratto dei metalmeccanici in cui sono state tacitate le fronde interne di chi aspirava a cambiare rotta. Le prospettive di ripresa di mobilitazione conflittuale, in presenza di un governo del centro-destra. risponderebbero così a una duplice funzione : da un lato quella storica rilanciata in quest’ultimo anno nelle vertenze della scuola. ferroviaria e autoferrotranviaria. ai fini di far pesare contro quei contenuti economico-soci ali delle lotte alternativi al principio di compatibilità con Ie istanze competitive" del capitale, obiettivi e contenuti in grado di dividere i lavoratori e ricondurli alle centralità degli interessi della borghesia imponendo alla classe temi e nodi di lotta sub alterni (rispetto a cui un cardine antiegualitario e di subalternità resta sempre il criterio della professionalità e del legame tra questa e il salario), dall’altra quella "nuova" di aumentare il proprio peso politico. attraverso un nuovo radicamento e compattamento frutto della lotta per condizionare le politiche di bilancio dell’Esecutivo, non certo secondo gli interessi della classe. ma della "competitività" delle imprese, riproponendo il proprio allineamento con le istanze della frazione dominante della borghesia imperialista. Alla capacità di condizionamento politico del sindacato confederale potrebbe essere interessata la frazione dominante di borghesia imperialista ai fini di premere su un eventuale governo di centrodestra, per il suo essere espressione di un capitale monopolistico e di interessi più legati a un ambito nazionale e perché diventa un concorrente economico rafforzato eccessivamente dall’assumere funzioni di governo : una capacità di iniziativa che potrebbe rafforzare le richieste della Commissione Ue o la pressione di altri Stati europei. strumenti sperimentati nell’azione contro l’Austria e l’equilibrio politico includente Heider, e già preannunciati più volte in questi ultimi mesi dalle istituzioni europee che temono l’incongruenza dei programmi di politica economica paventati dal Polo con le istanze di questa componente centrale della classe dominante.

L’equilibrio politico-istituzionale di centro-sinistra che ha dominato per gran

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parte degli anni ’90 esprimendo tutto il suo carattere reazionario è antiproletario, ha potuto presentare la sua azione politica come fosse nell’interesse dei lavoratori grazie alla cooptazione nella compagine politica della borghesia imperialista del sindacato confederale. della sinistra revisionista sedicente comunista, nonché di componenti politiche formalmente extra -parlamentari che ne hanno rappresentato l’ultima ruota del carro. ma presente nel territorio metropolitano. e in grado di legare a queste politiche anche aree in precedenza collocate su posizioni antistatuali, antiistituzionali, antirevisioniste. Un assetto politico che in un contesto di crisi . ristrutturazione e rifunzionalizzazione dello Stato, ha pesato come una cappa di piombo politica e materiale nelle lotte della classe per i suoi interessi, consentendo a forze ugualmente reazionarie e antiproletarie ma di "destra" con cui nelle aule parlamentari si sono determinate ampie convergenze strategiche, di presentarsi come un’alternativa possibile alle politiche di questi anni. Un eventuale governo Berlusconi invece, rappresenterebbe tutti i punti deboli di un sistema politico-istituzionale in crisi di rappresentatività rispetto alle fasi storiche precedenti. Sarebbe espressa in forma evidente la sostanziale identificazione tra Stato. istituzioni e interessi padronali e la demagogia sulla sicurezza e sulla xenofobia sarebbe coniugata con una precisa responsabilità sul pi ano delle politiche economiche antiproletarie. le istanze della piccola borghesi a si misurerebbero con la sostanziale dominanza degli interessi del capitale monopolistico nell’azione degli Esecutivi. e la dialettica con le sedi istituzionali di componenti del movimento di classe verrebbe resa più rigida sebbene con díversificazioni dovute all’articolarsi a livello locale, degli equilibri politici. Come ha dimostrato la giunta milanese, o dimostrano i vari propositi della destra sociale che si posizionano sulle tesi di (***), non verrebbe certo accantonata la sede neocorporativa come ambito a vari livelli per ricercare un compattamento e l’irregimentazione del proletariato intorno agli interessi padronali. Oltretutto oggi questa politica viene proposta come indirizzo anche in sede europea sotto il nome di "dialogo sociale" e con i nuovi statuti per le multinazionali presenti in ambito europeo. Le condizioni recessive dell’economia internazionale che dovranno essere scaricate sulla classe operaia e una possibile istanza di rilancio del sindacato confederale, meno interessato alla difesa a spada tratta di un Esecutivo di centrodestra e più a rafforzare politicamente le forze dell’opposizione, sono però punti di fragilità politico-istituzionali in cui la lotta della classe, pur a partire dalla debolezza delle posizioni proletarie attuali nello scontro. può trovare spazi, si può inserire e operare fratture sfruttando le vulnerabilità del nemico.

L’azione di forze politico-istituzionali organizzata in progetti di lungo periodo e anticipatori, che in special modo rispetto alle possibili acutizzazioni delle contraddizioni sociali. sfruttano l’impreparazione delle istanze spontanee del la classe e la limitatezza degli strumenti politici e organizzativi del proletariato. impone alle sue avanguardie un elevato livello politico e forme di organizzazione della lotta che non si pongano nessun pregiudizio. che si propongano di spiazzare e colpire il complesso di nemici che ha la classe per indebolirne la

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capacità d’azione, per metterlo in difensiva almeno transitoriamente. Una classe come il proletariato, il cui patrimonio politico è stato disperso negli anni passati, stenta ad adeguarsi ad un simile piano di scontro e perfino a immaginarlo e ad avviarne l’affrontamento, per questo deve necessariamente avere come base di partenza un punto di vista e una prospettiva rivoluzionaria e l’acquisizione degli strumenti che in essa sono maturati che, in quanto funzionali ad un livello di scontro che ha come obiettivo la conquista del potere, hanno contenuti e forme adeguati al livello dei processi di scontro odierni e alle condizioni di svantaggio delle posizioni della classe in essi. La necessità da parte della classe di riconquistare una capacità di risposta unitaria. un compattamento. una forza superiore per respingere gli attacchi che le vengono portati . non può cioè essere soddisfatta se non nel quadro di un disegno complessivo. di una prospettiva politica rivoluzionaria costruita su una strategia capace di esercitare un’offensiva politica, e "di sostanziare con ciò un processo rivoluzionario il quale non è un insieme di atti indifferentemente difensivi o offensivi, ma è un processo che conquista "nuove condizioni", nuove posizion i politiche e di forza, di forza effettiva mobilitabile fino alla conquista del potere, è quindi un processo politicamente offensivo. Questa necessità di trasformazione dei rapporti di forza non può essere soddisfatta se non con il rilancio della prospettiva rivoluzionaria, perché è proprio I’arretramento delle posizioni della classe sul nodo del potere. problema e obiettivo politico che in questo paese si è posto nell’arco di tutto il secolo passato, ad aver prodotto questa situazione.

La consapevolezza della realtà di questa contraddizione è stata un punto di forza della posizione del Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria. che ha radicato l’ineludibilità nell’impostazione del contributo che vuole dare alla prospettiva rivoluzionaria. della determinazione delle finalità rivoluzionarie, della formulazione dei loro obiettivi politici storici e dei loro contenuti sociali. e del rapporto programmatico tra iniziativa e finalità rivoluzionarie, e in quanto tale è stato il punto di origine che ha consentito di far avanzare la posizione assunta nello scontro dal corretto intervento politico-militare su un nodo generale dello scontro di classe e centrale rispetto al passaggio in atto, che da singolo atto di scontro specifico e solo genericamente prospettico e progettuale, attraverso il complesso del lavoro rivoluzionario realizzato, si è sviluppato in una posizione più complessiva e orientata sulle dinamiche dello scontro, e nell’attrezzamento e costruzione organizzativa e logistica di una capacità offensiva superiore.

Fuori da questo quadro, un’azione politica rivolta solo a esprimere le proprie istanze antagoniste ai progetti del nemico. anche eventualmente attraverso forme d’attacco. rivolta quindi a sostanziare "l’antagonismo" solo come contrapposizione immediata. non sol o non è capace di imporsi, per il fatto che oggi essendo i rapporti di forza sfavorevoli, la forza è esercitabile da parte di istanze di CIasse e rivoluzionarie solo debolmente ed episodicamente, ma nemmeno di essere punto di ripresa di prospettiva rivoluzionaria, di espressione di autonomia politica di classe, di riferimento politico e organizzativo.

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I principi e i criteri che hanno consentito al Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria di sostanziare le finalità rivoluzionarie e gli obiettivi politici storici nell’impostazione della propria prassi sono stati :

Il riferimento agli interessi generali del proletariato come criterio della prassi dell’avanguardia rivoluzionaria perché l’affermazione della loro centralità nella società è la sostanza dell’obiettivo storico della conquista del potere per l’instaurazione della dittatura del proletariato. Perciò gli interessi generali del proletariato costituiscono il contenuto politico della lotta rivoluzionaria che realizza un programma di conquista del potere e fa avanzare l’emancipazione politica e il compattamento del proletariato su questo programma costruendone l’unità sui suoi interessi di classe.

Il riferimento al processo rivoluzionario contro la dittatura della borghesia come a un processo di trasformazione dei rapporti di forza e politici tra classe e Stato, di cui la costruzione dell’autonomia politica del proletariato è aspetto determinante che si realizza in un rapporto di guerra con lo Stato nell’attacco alle sue politiche dominanti, il riferimento al processo rivoluzionario come a un processo storico ininterrotto per tappe. di cui la prima è la conquista del potere politico per l’instaurazione della dittatura del proletariato, nella quale realizzare la socializzazione dei mezzi di produzione e di sussistenza, avviare il superamento del rapporto di sfruttamento capitalistico. regolare i rapporti sociali e politici in base al principio della centralità degli interessi generali del proletariato e proseguire la lotta di classe da una posizione di forza per la costruzione del comunismo quale società di persone libere dal bisogno, emancipate dalla divisione del lavoro intellettuale e manuale e uguali. che affrontano i problemi della vita sociale e regolano le proprie relazioni sul principio degli interessi comuni e in cui lo Stato, in quanto organo politico che assicura che una società fondata su interessi antagonistici non si distrugga nella lotta reciproca, si è estinto.

L’impegno politico a ricostruire l’interesse generale del proletariato dalle istanze che emergono dal conflitto sociale nell’affermarlo offensivamente nello scontro contro il progetto dell’equilibrio politico dominante e con ciò realizzare la propria funzione di rivoluzionari nella classe.

Il praticare un’attività rivoluzionaria complessiva non spontaneistica ma programmatica, cioè con la formulazione degli obiettivi politici, la trasformazione-costruzione delle condizioni oggettive e soggettive e degli strumenti per agire, e il lavoro organizzato per la realizzazione degli obiettivi di ogni genere.

Sulla base di questi principi e criteri sosteniamo un orientamento politico irriducibilmente contrapposto allo sciovinismo moderno proposto dai "muri" di (***) che fa da involucro alle politiche guerrafondaie e di rapina dello Stato italiano, all’intensificazione dello sfruttamento, al peggioramento delle condizioni della contrattazione, ai tagli ai salari. all’agganciamento e alla subordinazione dei salari alla competitività. al decremento delle spese sociali e alla privatizzazione dei servizi sociali e all’incremento delle spese per forze armate e forze di polizia, alle riforme istituzionali che sanciscono gabbie politiche ed economico-sociali, all’affrontamento poliziesco delle contraddizioni sociali.

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L’iniziativa offensiva del Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria intende contribuire a colpire le politiche con cui lo Stato realizza queste misure antiproletarie e controrivoluzionarie, ma non per resistere a questi ultimi attacchi e conservare le posizioni e condizioni precedenti, ma perché queste politiche perpetuano e rinnovano la dittatura della borghesia. e in questo modo intendiamo contribuire ad affermare offensivamente e sostenere politicamente l’interesse proletario ad emanciparsi dalla schiavitù salariale. a disporre delle ricchezze che produce e a scegliere come impiegarle per la riproduzione sociale e non per lo "sviluppo" cioè per maggiori profitti privati. Il contributo del Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria non vuole essere cioè soltanto un tentativo di impedire il peggioramento della nostra condizione di classe. né essere un ormai patetico tentativo di riformare la società e la politica. Né tantomeno abbiamo interesse. dati gli obiettivi rivoluzionari che ci proponiamo e la forza che li deve sostenere. a intervenire su quei temi che riguardano la distruzione della natura e la mercificazione di qualsiasi cosa sia vendibile che il capitale, o peggio il neoliberismo opererebbe oggi, solo perchè su di essi si registra un’ampia disapprovazione generale. in quanto che il capitalismo dimostri la sua senescenza nell’incapacità di riprodurre la natura è per noi, da Marx in poi. un’ovvietà insita nel suo sviluppo storico. mentre d’altra parte ci sembrerebbe inconcepibile che essendo tutto il sistema sociale basato sulla mercificazione del proletariato, cioè di uomini, questa non si debba generalizzare a qualsiasi "cosa". nell’avanzamento delle condizioni tecnologiche o politico-sociali che lo consentono. Le veline del ministero dell’Interno che identificavano nell’azione del Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria del 14 maggio 2000 un attacco alla sede del Comitato etico sulle biotecnologie piuttosto che alla Commissione antisciopero, sono state solo una delle tante dimostrazioni di come lo Stato consideri ben diversamente l’antagonismo che si rivolge contro gli effetti del capitalismo dall’iniziativa del proletariato rivoluzionario per i suoi obiettivi politici storici. La nostra azione è finalizzata a dare soluzione rivoluzionaria alle contraddizioni strutturali che determinano condizioni sociali e politiche contrapposte agli interessi del proletariato. è orientata a farlo sulla base del criterio dell’attacco nei nodi centrali dello scontro alla progettualità politica che impone e fa avanzare gli interessi della frazione dominante della borghesia imperialista, è rivolta a fare dell’iniziativa combattente il terreno dell’esercizio di un ruolo d’avanguardia e di costruzione di forza rivoluzionaria e autonomia politica di classe. Il superamento della dimensione antagonistica del rapporto con lo scontro. con la ricerca dei termini su cui impostare la prospettiva rivoluzionaria nei suoi contenuti sociali. politici e strategici. è stato per i militanti del Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria. un tutt’uno con la rottura soggettiva di fare della trasformazione degli attuali rapporti di forza e politici tra classe e Stato il proprio problema. di assumersi la responsabilità rivoluzionaria d’avanguardia. E’ questo che ha consentito di superare l’istanza difensiva essenzialmente identitaria che oggi riveste l’antagonismo e che spesso avvita la soggettività proletaria potenzialmente rivoluzionaria in una ricerca culturale. ideologica o meramente aggregativa che si allontana dal piano politico e dalla ricerca dei

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problemi politici del processo rivoluzionario. Mentre dall’altro lato la cognizione della realtà che siamo noi operai a proletari a produrre. per bisogno e quindi involontariamente. le condizioni del dominio della borghesia su noi stessi con il nostro lavoro che genera il loro profitto e gli strumenti del loro dominio, è ciò che ha sostenuto la consapevolezza della nostra forza potenziale insita nella natura del ruolo che svolgiamo nei rapporti sociali capitalistici. Il rifiuto delle sterili deresponsabilizzazioni che oggi a causa della debolezza del proletariato nello scontro, sono diffuse ed espresse dai luoghi comuni consistenti in : oggi tanto nessuno si muove, non ci sono le condizioni, hanno tutti paura. oppure siamo inadeguati, oppure si manifestano nell’abitudine a ricercare i limiti del proprio agire nell’insindacabilità delle circostanze fattuali o peggio emotive piuttosto che negli errori politici pratici commessi, è stato il piano molto immediato. quotidiano e ordinario con cui s’è espressa la rottura che ha sostanziato la nostra assunzione di responsabilità politica. Questo ha consentito concretamente di mettere gli interessi generali del proletariato al centro e come priorità della propria volontà politica e del proprio impegno sociale rivoluzionario.

Nemmeno questo però sarebbe stato sufficiente né avrebbe avuto una direzione. se la volontà politica non avesse trovato esistente e radicata nello scontro di classe del nostro paese, un’opzione strategica a cui riferirsi e un piano su cui esprimersi, affinché maturasse come fatto concreto. prassi rivoluzionaria.

Un processo non facile, data la necessità di dotarsi di strumenti politici con cui comprendere l’originalità della strategia della lotta armata proposta dalle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente a tutta la classe e la sua valenza rivoluzionaria.

Un processo che ha richiesto non solo la comprensione delle idee e tesi del ricco patrimonio rivoluzionario di cui il proletariato dispone. ma che si è reso possibile soprattutto assumendo il punto di vista di chi l’ha prodotto nello scontro, e facendolo non solo mentalmente ma praticamente.

E’ assumendo questo punto di vista che il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria si è rapportato programmaticamente alla linea e al patrimonio delle Br-Pcc nella convinzione che su questo piano si determinasse la possibilità del proprio contributo all ’avanzamento del processo rivoluzionario. pur nei limiti di u na prassi rivoluzionaria che deve costruire le sue condizioni a partire dal liveIlo dato dei rapporti di forza e politici tra le classi, nei quali il nostro per corso si colloca ma interviene per trasformarli.

Il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria sostiene che solo nel quadro della realizzazione di un programma rivoluzionario, che è compito delle avanguardie rivoluzionarie definire nello scontro, sarà possibile sottrarsi al dilagare della propaganda sciovinísta con cui viene sostenuta nel nostro paese la strategia della Alleanza Atlantica nella f ase che si è aperta con l’esaurimento dei processi di disgregazione degli assetti post-bellici e con l’emergere delle nuove contraddizioni derivanti dall’incapacità del capitalismo di costituire una prospettiva progressiva per l’umanità. L’alternativa allo sviluppo di un programma

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rivoluzionario è l’approfondimento del grado di subalternità politica della classe. attraverso nuove modalità dì mobilitazione subordinata delle espressioni politiche che perseguono opzioni lenitive degli effetti del neo-liberalismo, e il rifiuto da parte delle grandi masse proletarie di una politica che non ha dimostrato altro specialmente in questi ultimi 20 anni che di essere rivolta contro loro stesse. Ma per dare sviluppo a un programma rivoluzionario è necessario ricostruire la capacità offensiva e la forza necessaria a imporne i passaggi e il modo per farlo non si definisce arbitrariamente ma in funzione di ciò che occorre prospetticamente ossia ciò che occorre a conquistare il potere e a distruggere lo Stato. quindi in relazione al come il potere si organizza. ai caratteri che assume lo Stato come forma di dominio della dittatura-della borghesia. perché è questo che imposta la prassi rivoluzionaria da subito affinché sia tale, In riferimento a questa necessità politico-concreta il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria ha approfondito la conoscenza delle ragioni politico-teoriche della strategia della lotta armata come politica rivoluzionaria odierna. riconoscendone la continuità con il patrimonio elaborato nel processo di rivoluzione proletaria e la capacìtà di dargli sviluppo. e facendo dello stesso termine di continuità-critica-sviluppo il criterio per instaurare un rapporto scientifico con il patrimonio sviluppato dalle Br-Pcc ai fini di dotarsi di strumenti politi ci efficaci per supportare la propria azione pur nelle specifiche condizioni cui si avvia. Ciò ha consentito di superare le interpretazioni spontanee della valenza della strategia della lotta armata. che riducono la lotta armata a forma più elevata di antagonismo. o alla sua capacità di incidenza immediata. oppure ad una sua funzione di supporto alle lotte sociali. o a un terreno di scontro esclusivo delle avanguardie comuniste. oppure a una sua funzione "finale" nel passaggio della presa del potere. e di approdare a considerarla il "modo" in cui è possibile realizzare una politica che deve essere "rivoluzionaria" nei fatti e non solo nei rife rimenti di contenuto. sebbene anche in questi . Il superamento di queste interpretazioni inadeguate è stato collegato alla comprensione del modo in cui la borghesia ha organizzato il suo dominio e dei caratteri che ha assunto stabilmente lo Stato almeno dal secondo dopoguerra. caratteri tali per cui la democrazia rappresentativa non ha affatto solo costituito la for ma politica corrispettiva alla concorrenza tra capitali e allo scontro politico tra frazioni di borghesia. ma è stata l’ambito in cui lo Stato ha istituzionalízzato il rapporto con il proletariato che aveva raggiunto livelli di autonomia politica e di forza elevati e pericolosi. al fine di contenere e contrastare le tendenze rivoluzionari e presenti. La funzione che hanno gli strumenti e i filtri della democrazia rappresentativa neocorporativa, di svuotamento dell’azione politica che viene svolta all’interno delle istituzioni o in dialettica con esse, rende questa non solo complessivamente inefficace in funzione di obiettivi rivoluzionari, incapace di trasformare i rapporti politici e di forza tra classe e Stato in direzione della sua distruzione e della conquista del potere in quanto cooperante a una dinamica che dà corpo all’azione statale, ma i nduce presto o tardi all’’esaurimento delle forze espressione di interessi di classe. Quello che questi anni hanno palesemente dimostrato è che ciò può avvenire addirittura

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attraverso processi trasformistici adottati da forze di estrazione e riferimento rivoluzionario. per adeguarsi ai filtri imposti dalle regole politiche istituzionalizzate e all’azione del bastone e della carota del nemico, con un’involuzione quindi che non è solo sul piano della forza, ma della stessa autonomia politica dal nemico di classe. Il motivo dominante di questa dinamica è che in uno scontro per la conquista del potere che non è un processo lineare e sempre in sviluppo, ma ha anche fasi in cui è il nemico ad essere all’offensiva. tende a prevalere il difensivismo polit ico che è collegato all’azione di forze politiche interne alle istituzioni o in dialettica con esse, che sono prive di una capacità offensiva e di una forma organizzata che può esprimersi in qualunque condizione perché è armata. clandestina e compartimentata, Il proporsi gli obiettivi che si ritiene di poter raggiunger e prescindendo dalla loro reale funzione rispetto all’avanzamento del processo rivoluzionario, in una tendenza di scontro sfavorevole o addirittura con una situ azione della classe in difensiva in cui perciò degli spazi politici si chiudono e il nemico ha maggior margine per isolare e criminalizzare. crea un circuito di inevitabile progressivo indebolimento e ulteriore difensivismo, perché venendo a :mancare l’interesse di classe come contenuto degli obiettivi dello scontro e delle pratiche per realizzarlo, questo non svolge funzione di costruzione di autonomia politica della classe e. su questa base, di quella superiore forza che occorre a proseguire un processo rivoluzionario pur nelle sue fasi discontinue : di qui l’innescarsi di una tendenza irreversibile all’involuzione delle posizioni politiche che avevano fini rivoluzionari, che viene sviluppata daIla azione spontanea della classe che a questo punto non riconosce più la rappresentazione dei propri interessi generali nell’azione di queste forze, e viene spinta a rapportarsi ad esse solo per l’ottenimento di vantaggi immediati e dato che non è detto che siano in grado di garantirglieli, può infine rivolgersi a chiunque altro. In questo è consistita tutta la capacità controrivoluzionaria di questo Stato insita nelle sue strutture e attivata dalle sue politiche, negli anni passati, per cui le tendenze all’arretramento politico del movimento rivoluzion ario non sono state affatto casuali.

Il quadro delle moderne democrazi e rappresentati ve è quindi di stante dall’ istituzione di entità parlamentari nella Russia zarista, prive di poteri reali, che in un contesto di assenza di mass-media, avevano funzione effettiva di "tribuna" e come tal i . erano utilizzabili da forze rivoluzionari e che avevano infatti come prima tappa quella della rivoluzione democratica. L’incapacità di adottare un c riterio di conti nuità-critica-sviluppo o addirittura non porsi nemmeno il proble ma di impiegarlo, implica una caduta nel dogmatismo o nell’eclettismo, in quel rapporto ideologico con il patrimonio comunista, che oggi si riflette non solo nella debolezza e incertezza di una prassi rivoluzionaria non supportata da un’ade guata concezione. ma addirittura nell ’impossibilità di concepire i termini impos tativi di una prassi rivoluzionaria. Oggi ogni avanguardia rivoluzionaria deve emanciparsi da un modo ideologico di r apportarsi al patrimonio comunista. in favore di un rapporto politico con esso. adottando le tesi rivoluzionarie verificate nella storia dello scontro di classe in un processo di considerazione critica del contesto in cui hanno motivato

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determinate scelte. in cui i caratteri controrivoluzionari che assumono lo Stato e le sue politiche sono corrispettivi al quadro di sviluppo storico della rivoluzione proletaria. per acquisire la funzione di queste tesi in qualità di criteri che consentono di sviluppare oggi nuove scelte e tesi politico-strategiche. sfuggendo a qualsiasi spontanea tentazione di replicare acrìticamente scelte operate in contesti sociali e politici differenti, di trascurare di considerare che è processo rivoluzionario ciò che concretamente trasforma i rapporti di forza e politici tra le classi in direzione della conquista del potere, e che la sua caratterizzazione è inevitabilmente storica e non astratta, ma nello stesso tempo salvaguardandosi dalla arbitrarietà figlia della immaturità delle esperienze politiche maturate in anni caratterizzati dalle posizioni difensive della classe e del movimento rivoluzionario. L’acquisire che la strategia della lotta armata è il modo in cui oggi si fa politica rivoluzionaria. ha consentito di concepire il processo rivoluzionario come processo di guerra di classe di lunga durata e la funzione della strategia della lotta armata come piano sistematico di azione nella conduzione... della guerra stessa. Una guerra di cui le condizioni non sono presenti spontaneamente nello scontro, ma vengono costruite dalla prassi rivoluzionaria delle stesse avanguardie che, in dialettica con le istanze che sorgono dalla lotta di classe, si muovono sulla direttrice della strategia della ’lotta armata e la propongono a tutto il proletariato, perciò non c’è forza rivoluzionaria nè Partito, né altra condizione che possa determinarsi fuori o prima dell’avvio concreto del rapporto di guerra con lo Stato condotto quindi nell’unità del politico e del militare, perché le condizioni che si devono determinare sono nuove e possono essere generate solo sul terreno ad esse proprio e nella verifica. passaggio per passaggio, della capacità offensiva e della validità della linea politica delle forze rivoluzionarie, nelle trasformazioni indotte nei rapporti di forza e politici tra classe e Stato e quindi nel vivo dello scontro.

Il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria si propone di fare del criteri o del rapporto di continuità-critica-sviluppo con il patrimonio elaborato dalla prassi rivoluzionaria delle Br-Pcc nel nostro paese. un punto programmatico della propria costruzione in quanto forza rivoluzionaria, pena l’impossibilità di do tarsi di quegli strumenti politici che oggi qualunque avanguardia che voglia collocare la propria iniziativa nello scontro di classe per una finalità rivoluzionaria, necessita inevitabilmente per non affrontare in modo sprovveduto l’elevatezza e la complessità dei problemi dello scontro. Un altro punto su cui il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria intende articolare il suo rapporto programmatico con i nodi di Fase è quello di costruire l’attacco rivoluzionario nei nodi della contraddizione dominante tra classe e Stato per far avanzare le posizioni del proletariato nei rapporti di forza e politici tra le classi, e alle politiche centrali dell’imperialismo per ricollocare il proletariato italiano in un ruolo attivo nel campo antimperialista, e di far e di questi interventi il terreno costituente della propria costruzione in qualità di forza rivoluzionaria, in riferimento alle condizioni occorrenti alla tenuta e all’avanzamento delle forze. e quello del proprio contributo alla promozione di uno schieramento combattenteattorno ad obiettivi antimperialisti comuni al

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proletariato metropolitano europeo e ai popoli dominati della nostra area ritenendo che questo possa essere il proprio apporto alla prospettiva del Fronte Combattente Antimperialista.Il fatto che lo sviluppo del processo rivoluzionario sia interesse politico del proletariato e non di gruppi di avanguardie e che l’arretramento politico della classe resti oggi la tendenza prevalente nello scontro che delle avanguardie rivoluzionarie possono e devono modificare. rende necessario che l’intervento politico abbia come obiettivo programmatico quello di connettere le ragìoni specifiche delle proprie iniziative politico-militari al quadro più generale della prospettiva rivoluzionaria e strategica in cui il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria si colloca e che propone ad altri proletari rivoluzionari. Perciò il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria ritiene proprio compito politico e lo avvia con questa iniziativa. quello di lavorare a collegare i contenuti che informano il proprio intervento rivoluzionario nelle contraddizioni sociali e politiche odierne alla prospettiva rivoluzionaria e strategica definendo i principi e i criteri che ricostruiscono gli interessi storici e l’interesse politico autonomo della classe, affinché possano essere riconosciuti dal proletariato e costituire elemento di orientamento politico e di spinta alla mobilitazione rivoluzionaria. Il principale fattore di orientamento politico resta comunque l’assunzione della valenza politica della strategia della lotta armata, rispetto a questo il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria si propone di approfondirne gli elementi innanzitutto nella propria azione. lavorando per valorizzarne il ruolo dì impostazione generale della prassi rivoluzionaria.

Con questi punti di programma il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria non intende affatto indicare un’alternativa rispetto all’obiettivo, che deve guidare l’azione di ogni avanguardia rivoluzionaria che si dialettizzi con la proposta delle Br-Pcc. di partecipare in questa tappa alla costruzione di un’organizzazione comunista combattente che agisca da partito per costruire il Partito, anzi proprio in funzione di questo obiettivo intende centralizzare la propria iniziativa intorno alla linea politica e al programma delle Br-Pcc al fine di operare come un cuneo intorno ad essi. e perseguendo la costruzione di concreti passaggi di unìtà e strutturazione politico-organizzativa, realizzando il modo in cui come Nucleo può rapportarsi politicamente alle Br-Pcc. nella consapevolezza che solo con l’attacco al cuore dello Stato si può incidere negli equilibri politici generali e produrre una modificazione nei rapporti di forza tra classe e Stato e che questo è il livello d’attacco verso cui occorre disporre le forze rivoluzionarie che può e deve essere prospettiva di avanzamento della loro autonomia politica e capacità offensiva.

Il Nucleo di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria ritiene che questo processo di centralizzazione politica intorno alla linea e al programma delle Br-Pcc, che viene verificato nello scontro e nella dinamica di attacco costruzione attacco, costituisca il terreno su cui determinare concretamente l’elevamento del grado di omogeneità politica e di capacità operativo-offensiva tra avanguardie rivoluzionarie sui cardini strategici. politici e programmatici della proposta delle Br-Pcc. sulla base del quale si può costruire e mobilitare una forza superìore che faccia avanzare le posizioni rivoluzionarie e nel contempo cresca. fino a

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determinare l’uscita dalle condizioni difensive che connotano la situazione del proletariato e del movimento rivoluzionario oggi . Un elemento anche questo che non può costituire un’aspirazione ma deve essere assunto come un concreto obiettivo programmatico per ottenerne la realizzazione.

La complessività dei piani da affrontare per dare soluzione al compito di Ricostruzione delle Forze Rivoluzionarie che caratterizza la Fase in atto. è un fattor e della difficoltà che trovano le avanguardie rivoluzionarie a determinare. asse stare e far avanzare il proprio intervento nello scontro, che solo un incessante e impegnato lavoro rivoluzionario progettato e programmato può consentire di su perare progressivamente.

A questo processo fatto di salti e fratture e di determinazione rivoluzionaria. riconosciamo appartenere e rivendichiamo l’iniziativa realizzata dal Nucleo Proletario Rivoluzionario nel luglio del 2000. contro la Cisl di Milano per il ruolo di forzatura svolto con il Patto di Milano nei rapporti contrattuali di cui è figlio il recente tentativo di concludere un’intesa tra Confederali e Confindustria. sui contratti a termine. e con il quale si sarebbe dovuta realizzare quella corresponsabilizzazione delle parti sociali a tradurre le direttive di principio europee in concrete modifiche legislative calibrate ai rapporti politici presenti nel paese tra le classi e che costituiva un punto del Patto per il Lavoro del dicembre del ’98.

Allo stesso modo riconosciamo e rivendichiamo l’attacco dei Nuclei Territoriali Antìmperialisti del settembre del 2000. contro la sede dell’Ince-Cei di Trieste e il suo contenuto politico. in quanto hanno colpito un organismo internazionale in cui lo Stato italiano ha un ruolo primario. e in particolare nello strategi co piano di sviluppo dei trasporti e quindi dei famìgerati corridoi che attraverseranno i Balcani fino all’Asia centrale. e nello stringere ì paesi dell’est europeo che non entreranno a breve termine nell’Ue, intorno ai fondi gestiti dalla Bers e ai progetti di penetrazione e controllo che finanziano.

- ATTACCARE LE POLITICHE CENTRALI DELL’ IMPERIALISMO PER INDEBOLIRE IL DOMINIO IMPERIALISTA NELLA NOSTRA AREA GEOPOLITICA !

- ATTACCARE LA COESIONE EUROPEA CHE RAFFORZA LA B.I. NEI CONFRONTI DEL PROLETARIATO DEL CENTRO IMPERIALISTA E DEI PAESI DOMINATI !

- ATTACCARE LA NATO E LO SVILUPPO DELLA GUERRA IMPERIALISTA !

- PROMUOVERE LA COSTRUZIONE DEL FRONTE COMBATTENTE ANTIMPERIALISTA !

- FUORI LE TRUPPE DELLO STATO ITALIANO E DELLA NATO DAI BALCANI !

- AFFERMARE AUTONOMIA POLITICA DI CLASSE CONTRAPPONENDO OFFENSIVAMENTE GLI INTERESSI GENERALI DEL PROLETARIATO AGLI INTERESSI DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA E ALLE POLITICHE STATALI !

- COSTRUIRE LE CONDIZIONI DELLA GUERRA DI CLASSE DI LUNGA DURATA PER LA CONQUISTA DEL POTERE POLITICO E LA DITTATURA DEL PROLETARIATO !

- COSTRUIRE FORZA E ORGANIZZARSI SULLA LOTTA ARMATA INTORNO ALLA PROPOSTA STRATEGICA DELLE BR-PCC !

- ONORE AI RIVOLUZIONARI UCCISI DALLO STATO TURCO NELLE SUE CARCERI

- ONORE A TUTTI I COMPAGNI E COMBATTENTI ANTIMPERIALISTI CADUTI

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Ai militanti delle Brigate Rosse Lorenzo Betassa, Riccardo Dura, Annamaria Ludmann e Piero Panciarelli, uccisi dallo Stato borghese il 28 marzo del 1980 in via Fracchia a Genova

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